Regia di Andrea Pallaoro vedi scheda film
VENEZIA 79 – CONCORSO
Dopo Hannah, in Concorso a Venezia nel 2017 ove il film ottenne il premio meritato della Coppa Volpi a Charlotte Rampling, Andrea Pallaoro prosegue una sua ideale trilogia su figure femminili afflitte da problematiche private impellenti, con questo suo film girato negli States ed intitolato con il noime della protagonista, ovvero Monica.
Un nome non proprio di battesimo, in quanto è comprensibile già dai primi momenti della vicenda che qualcosa di fondamentale è avvenuto alla bella ragazza che ci si propone dinanzi, impegnata a raggiungere dopo anni di assenza, la casa materna a causa dell’aggravarsi delle condizioni di salute della stessa.
Accolta con un certo disarmo dal fratello, che confessa che non sarebbe stato in grado di riconoscerla, Monica si adopererà per presentarsi alla madre assai malata e spesso colta da stati di torpore che la rendono apparentemente quasi incosciente, come una collaboratrice domestica, fino a guadagnarsi a fatica, ma in modo netto, una posizione degna del suo ruolo di figlia che non ha mai riuscito ad imporre ad una famiglia predisposta nei suoi confronti a costruire barricate come segno di rifiuto.
Se da una parte si apprezza la prestazione dell’attrice transgender Trace Lysette, bella ma dotata anche di una espressività ed umanità che vanno pari passo all’armonia di quel nuovo corpo costruito con determinazione e non senza sacrifici di ogni tipo, è pur vero che la vicenda pare arrancare soprattutto quando vengono coinvolti gli altri personaggi, che restano sempre troppo neutri ed assai in disparte.
E se si pensa all’appeal che un’attrice straordinaria come Patricia Clarkson riesce sempre ad esprimere, questa volta pare proprio che la presenza della celebre e grandissima interprete risulti sprecata o non valorizzata come avrebbe effettivamente meritato.
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