Regia di Pier Paolo Pasolini vedi scheda film
Frastornante allegoria sul(la degenerazione del) potere e sull'inaccettabile giogo cui è sottoposto il popolo inerme ogni volta che acconsente a essere comandato. Politica, magistratura, religione e nobiltà: i quattro punti cardinali, le quattro stagioni del potere (per elezione, per titolo, per carisma e per privilegio storico) si scagliano ingordi e furiosi sulla massa indistinta dei corpi, sperimentando a discrezione e a volontà ogni tipo di piacere e godimento, dal sadomasochismo al feticismo alla coprofagia. Questa volta Pasolini usa metafore ben esplicite, perfino oltre la didascalia, mettendo al contempo duramente alla prova lo spettatore con una serie di scenette repellenti e disgustose. Fondamentalmente il rapporto fra potenti e massa comandata - insomma il significato di tutto il lavoro - si racchiude nella frase "Eccellenza, si è convinto che alla vista di coloro che non godono ciò che godo io e soffrono i peggiori disagi, derivi il fascino di poter dire a sè stessi 'Comunque io son più felice di questa canaglia che si chiama popolo'?". Insomma, Salò è un film attuale sempre e ovunque. Questa la forza del messaggio di Pasolini; poi si può discutere per giorni, settimane, mesi e anni sull'apprezzabilità delle scelte di sceneggiatura (dello stesso autore, con la complicità di Sergio Citti), delle soluzioni per immagini forti ed estreme, del fatto che insomma questo film piaccia o no. Ma contiene qualcosa che va ben al di là dello scorrere della pellicola - di ottima fattura, peraltro: fotografia di Tonino Delli Colli, montaggio di Nino Baragli, musiche di Ennio Morricone, scene di Dante Ferretti e costumi di Danilo Donati - e questo è quanto. Unico effettivo neo macroscopico: il casting non sempre azzeccato, con un paio di interpreti di una certa fama (Paolo Bonacelli e Caterina Boratto), un caratterista comico per i momenti di stralunato umorismo (Aldo Valletti) e uno stuolo di non professionisti diretti con approssimazione, nel segno di un atteggiamento felliniano in cui manca però evidentemente la mano di Fellini (e lo stesso appunto può farsi sul doppiaggio). 6/10.
Quattro uomini di potere si rinchiudono in una villa durante la tormentata fase della repubblica di Salò. Con loro, quattro prostitute desiderose di raccontare le loro esperienze e una mandria muta di ragazzi e ragazze assoggettati a qualunque violenza o perversione salti in mente ai quattro uomini.
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