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Salò o le 120 giornate di Sodoma

Regia di Pier Paolo Pasolini vedi scheda film

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La recensione su Salò o le 120 giornate di Sodoma

di scandoniano
6 stelle

Prima di morire, Pier Paolo Pasolini ci lascia un testamento pesante. Un film dai contenuti che definire “forti” è un puro eufemismo. A Salò, durante il periodo caldo della seconda guerra mondiale, si riuniscono 4 gerarchi, che si appellano col titolo, piuttosto che col nome. Mettono su un’organizzazione che in nome della libertà (propria) e della sopraffazione (altrui), tortura secondo riti cari al Marchese de Sade, alcuni giovani comunisti, fedeli alla Repubblica. Li aiutano alcune ex prostitute, ognuna esperta nel proprio perverso settore. Ne viene fuori un inferno (che le didascalie inquadrano per l’appunto in “gironi”) in cui le più atroci sevizie passano per atti di puro piacere. La maggior parte delle scene, in cui le sevizie sessuali sono gli atti meno riprovevoli, risultano disturbanti e stomachevoli. Con l’intento di una critica alla società moderna, Pasolini mette in scena un cine-circo della violenza e della brutalità, molto oltre la più disdicevole e gratuita perfidia narrativa: un film uscito postumo, più, forse, per il dovere di render pubblico l’ultima fatica del maestro Pasolini, che per il valore del film in sé, che, in conclusione, risulta talmente forte, più di “Freaks” e de “I diavoli” messi insieme, da far perdere di vista il motivo, puramente allegorico, della sua genesi.

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