Regia di Antoine Fuqua vedi scheda film
The Guilty (2021): locandina
NETFLIX
Retrocesso a lavorare in un call center di assistenza ed emergenza della polizia Los Angeles, in attesa di una udienza decisiva inerente le sue sorti di poliziotto attivo sul campo a seguito di un fatto non meglio specificato, il giovane Joe Baylor (un Jake Gyllenhaal piuttosto motivato) si adopera per risolvere le problematiche di chi si rivolge a quel servizio.
E tra un incendio in corso e qualche vittima di incidenti più o meno gravi, la sua attenzione si concentra sulla chiamata di una donna che pare essere imprigionata o in una situazione di pericolo. Quando la chiamata si interrompe per il probabile intervento del rapitore, Joe riesce a mettersi in contatto col numero di casa della donna, attraverso il quale viene a contatto con una bambina, figlia della ipotetica rapita, e dalla quale viene a sapere che in casa è presente un altro fratello più piccolo, che tuttavia non dà segni di vita.
The Guilty (2021): Jake Gyllenhaal
La vicenda, tutta sviluppata sul filo del telefono, diventa poco per volta un vero e proprio caso in cui il nostro uomo non riesce più a districarsi tra chi è l'aggredito, e chi l'aggressore.
Arriverà a trattenersi nella sua postazione anche ben oltre il proprio orario di turno, per non lasciare che la vicenda passi in mani altrui e venga abbandonata all'indifferenza.
L'uomo, alle soglie dell'alba di quel giorno che si rivelerà definitivo per la sua sorte professionale futura, giungerà in tribunale dopo una notte insonne, ma con la coscienza di aver portato a termine nel miglior modo possibile, una situazione che si preannunciava come controversa e virata alla tragedia.
The Guilty (2021): Jake Gyllenhaal
Poco meno che "instant-remake" dell'omonimo film danese del regista Gustav Moller, del 2018, premiato al Sundance e anche al 36° Torino Film Festival, il film di Antoine Fuqua, alla sua seconda prova nel 2021 assieme all'ancor più modesto Infinite con Mark Wahlberg protagonista, parte in modo incalzante ma decisamente più costruito e artificioso rispetto al freddo ed apparentemente statico originale, per poi sbrodolarsi in un finale tutto buonismo e retorica, che lo stesso regista di Pittsburgh non riesce più a togliersi di dosso lungo tutta la sua incalzante ma qualitativamente sempre più modesta carriera di regista.
Un cineasta certamente molto a suo agio con le scene movimentate e l'action, che stavolta è costretto a farci vivere in modo indiretto, e per farlo insiste in modo disturbante su tematiche come il riscatto, il sacrificio che eleva, che si dimostrano solo occasioni propizie per rinnovare ed esaltare quel sentimento tutto americano di patriottismo fine a se stesso ed un po' ottuso, che impiega poco per sfociare nella tendenziosità e nel déjà-vu.
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