Regia di Luigi Perelli vedi scheda film
Verità e i suoi tre amici (Miserere, Gigante e Yesael) vivono di espedienti nel vecchio west. Si spacciano per soldati nordisti durante la guerra di secessione, ma finiscono prigionieri dei sudisti; una volta fuggiti, partono alla ricerca di un tesoro, combinando solo disastri.
L'esordio di Luigi Perelli come regista è questo: Lo chiamavano Verità, lavoro programmatico fin dal titolo, che dichiara apertamente di scimmiottare Lo chiamavano Trinità (E. B. Clucher, 1970), cercando di inserirsi nella scia del suo successo. Ma la situazione è qui fin troppo differente: un regista alle prime armi ha a che fare con un copione non proprio omogeneo e con un cast di interpreti traballanti o comunque di macchiette, non in grado di reggere la scena da protagonisti; la pellicola produce perciò novanta minuti di disavventure, battutine risibili e situazioni prevedibili, fino a esaurirsi nello scontato finale beffardo. Perelli si rifarà lavorando negli anni successivi per la Rai (sua la maggior parte degli episodi della fortunata serie tv La piovra); lo sceneggiatore (qui esordiente) Oreste Coltellacci, invece, scomparirà dopo un altro paio di copioni di scarso appeal (Prima ti suono e poi ti sparo, 1975; Cassiodoro il più duro del pretorio, 1976, da lui stesso diretto). In scena compaiono Mark Damon, Pietro Ceccarelli, Enzo Fiermonte, Pasquale Nigro e altri nomi ancora meno significativi; la colonna sonora è firmata da Manuel De Sica, ma non è nulla di eccezionale. Tutto il film, a dire il vero, è decisamente dozzinale e confezionato in maniera grossolana. 2/10.
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