Regia di Dario Argento vedi scheda film
Un serial killer di escort di lusso si aggira in città. Quando prende di mira Diana, però, manca seppur di poco il bersaglio: la tampona in automobile causando un incidente stradale che la lascia cieca. Peggio va al piccolo cinese Chin, che perde entrambi i genitori in quello stesso incidente. Diana e Chin, nonostante l'iniziale diffidenza del bambino, fanno amicizia comprendendo che possono completarsi a vicenda: lui ha bisogno di una figura genitoriale, lei di nuovi occhi che la guidino. Ma il killer è ancora in agguato.
Dai... meno peggio di quel che potevamo temere. Mettiamola così. Dario Argento ritorna dietro la macchina da presa sforati gli 80 – classe 1940 – e a dieci anni di distanza dal suo ultimo lavoro, quel Dracula 3D (2012) che non andò proprio benissimo, né dal punto di vista del pubblico né da quello della critica. E lo fa con Occhiali neri che, al netto di ingenuità ed errori di sorta, sfodera comunque una bella storia “alla Dario Argento” dei vecchi tempi e una discreta dose di tensione e di effetti speciali, neppure troppo sanguinolenti e soprattutto funzionali alla trama. A curare questi ultimi c'è d'altronde Sergio Stivaletti, autorità in materia, mentre a collaborare con il regista alla stesura della sceneggiatura c'è Franco Ferrini, già coautore dei copioni di Phenomena (1984), Opera (1987) e svariati altri tra horror e thriller, anche con Lamberto Bava e Michele Soavi. Il mestiere, in buona sostanza, c'è tutto e in effetti il film – nella sua brevità, non arrivando neppure a un'ora e mezza di durata – scorre senza intoppi; quanto alle già citate ingenuità e agli errori, va annoverata una mancanza annosa e mai risolta di Dario Argento: la disastrosa direzione degli attori. Se, fortunatamente, alla figlia Asia riserva una particina laterale, il ruolo da protagonista viene però affidato a Ilaria Pastorelli che, privata di una guida sul set così come il suo personaggio viene privato della vista, semina danni lungo l'intera pellicola – ahinoi. In molti momenti la credibilità della storia va a farsi benedire e, date le atmosfere cupe e minacciose, buona parte della tenuta del lavoro se ne fugge di pari passo. Pazienza, è comunque un “meno peggio”, come detto in incipit, e come tale va favorevolmente accolto. 4/10.
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