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Occhiali neri

Regia di Dario Argento vedi scheda film

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La recensione su Occhiali neri

di inthemouthofEP
6 stelle

Argento si ricorda chi è e realizza il suo miglior film dai tempi di "Trauma": supportato da un'ottima colonna sonora e una fotografia di livello, realizza un film teso, sentito e inaspettatamente toccante. Una ragazza cieca, un bambino cinese e un cane guida impegnati nella lotta contro il male: chi vincerà?

È molto difficile per me parlare di un nuovo film di Dario Argento. Infatti, oltre a essere uno dei miei registi preferiti, è stato anche uno fra i primi ad avvicinarmi al cinema: le sue trame molto semplici, i suoi onnipresenti omicidi - spietati e allo stesso tempo estremamente artistici -, quelle sue atmosfere opprimenti ma sempre piacevolissime, l'uso spesso azzeccatissimo delle soggettive, quella perversione latente dietro a ogni inquadratura, le musiche dei Goblin... tutto questo mi colpì paurosamente da ragazzino, e mi fece innamorare del cinema. 

In particolare "Suspiria" - visto all'età di 10 anni - mi sconvolse e terrorizzò per settimane; all'epoca non capii perché mi toccò tanto, eppure mi destabilizzò come pochi. Ovviamente a 10 anni non capii tutti i sottotesti che stavano dietro a quella storia di omicidi e streghe (matriarcato, la solitudine della protagonista un po' "freak", vaghi riferimenti all'omosessualità), né compresi la grandezza della messa in scena o dell'utilizzo della macchina da presa, ma mi distrusse emotivamente perché, che si capiscano i sottotesti o no, è un film esteticamente potentissimo, nonché tecnicamente impeccabile.

L'Argento degli anni '70 e '80 l'ho consumato, e ho rivisto un centinaio di volte qualunque suo film di quel periodo (specialmente "Phenomena"), e mi è piaciuto molto anche "Trauma". Poi dopo il niente. O quasi. 

L'Argento del dopo-Trauma ha avuto un tracollo innegabile e spesso disarmante: film che cercavano di ricalcare il suo passato provando timide innovazioni a livello di trama ("La sindrome di Stendhal"), rivisitazioni di classici miseramente fallite per scelte abominevoli qua e là ("Il fantasma dell'opera", "Dracula 3d"), un nuovo deludente capitolo della saga delle Tre Madri ("La Terza Madre"), inutili tentativi di reiventarsi scopiazzando dai vari "Zodiac" e "Martyrs" ("Giallo"), per non dimenticare "Il Cartaio", uno dei film più scialbi e piatti mai fatti, nonché di gran lunga il peggiore di Argento. Nel mezzo di buono solo "Nonhosonno" (nulla di nuovo, ma tensione alle stelle, omicidi a tratti geniali e uso della camera ritornata ai fasti di "Profondo rosso") e gli episodi dei "Masters of horror", ben fatti.

Argento si era perso, e ci aveva lasciato per 10 anni senza più sue opere. Ventilavano ipotesi su un suo prossimo film, si parlava di Daft Punk alla colonna sonora e Stacy Martin protagonista, poi la pandemia. Ma alla fine questo maledetto film è stato finito: presentato a inizio febbraio a Berlino, due giorni fa è uscito al cinema.

Eccolo qui, finalmente, "Occhiali neri".

I dubbi erano tanti: assisteremo a un nuovo fallimento? vedremo un ulteriore appiattimento di quel linguaggio che un tempo era la cifra stilistica che rese famoso in tutto il mondo il nostro Dario?

Ebbene no. "Occhiali neri", al netto di alcune semplificazioni e incongruenze nella storia, funziona a meraviglia.

La trama, come sempre con Argento, è semplice: Diana (Ilenia Pastorelli), una giovane escort romana, rimane cieca in seguito a un incidente stradale provocato da un maniaco, che la insegue con un furgone bianco per ucciderla. Visto il desiderio dell'assassino di completare l'opera, Diana si troverà costretta a fuggire insieme a un bambino cinese sopravvissuto all'incidente (Xinyu Zhang) e, grazie all'aiuto dell'assistente Rita (Asia Argento) e del fido cane Nerea, cercherà di svegliarsi da quest'incubo che sembra destinato a non finire.

Argento sembra aver ritrovato la mano che lo contraddistinse un tempo e, grazie alle martellanti musiche di Arnaud Rebotini, gioca con le emozioni dello spettatore, rivisita in chiave moderna i suoi thriller dell'età d'oro ("Tenebre" in primis) e coinvolge in una storia tanto semplice quanto profonda. 

I personaggi non sono le macchiette di "Giallo" o quelli insopportabili de "Il Cartaio": sono personaggi sentiti, convincenti e, soprattutto, universali. Sono tutti noi.

Se c'è una cosa che non andava nell'ultimo Argento è che i personaggi erano dei tipi così anonimi e abbozzati che non suscitavano la minima empatia da parte dello spettatore.

Invece qua Argento ritorna a lavorare sul concetto del "diverso", della solitudine, di una società che ci esclude per le nostre particolarità: Diana, già prima snobbata e vista di traverso da tutti per la sua professione, rimane definitivamente sola e senza aiuto quando diventa cieca; poi Chin, il bambino scampato all'incidente, viene emarginato da tutti i coetanei, perché cinese e un po' in sovrappeso. 

Per una volta i protagonisti non sono i poliziotti saccenti e bidimensionali del Cartaio o di "Giallo", sono persone comuni, degli emarginati, che, ritrovandosi improvvisamente soli nel mondo, devono unirsi per sconfiggere le forze del male che li vogliono eliminare. Così come la Jennifer di "Phenomena", emarginata per la sua stranezza, doveva unirsi all'entomologo Donald Pleasence e alla scimmia Inga per riuscire a sopravvivere all'assassino (e alla superficialità di una società che ci vuole tutti standardizzati), qui Diana deve combattere insieme al bambino e al fido cane Nerea per riuscire a salvarsi.

Ed ecco che entra l'affetto, l'amore nel cinema di Argento: la trama passa in secondo piano, anche gli omicidi perdono di importanza, di fronte all'affetto che Diana prova per Chin e per Nerea, quell'affetto che li unisce e che li porterà a vincere su chiunque.

Certo, nella trama ci sono alcuni problemi, e certe reazioni da parte del giovane Xinyu Zhang sono un po' poco credibili (specialmente nell'ultima parte), ma - ripeto - tutto passa in secondo piano rispetto a questa meravigliosa storia di amore e riscatto, guidata da un'inaspettatamente brava Ilenia Pastorelli.

E Argento non ha perso la sua mano: campi lunghi che ricordano il famoso dialogo tra Hemmings e Lavia all'inizio di "Profondo rosso", carrellate molto fluide che seguono i personaggi che corrono nel buio, coinvolgenti soggettive (quella del cane nella sequenza finale è una delle cose migliori che Argento abbia mai fatto) e, soprattutto, una dose di tensione molto alta, garantita dall'azzeccata fotografia del giovane Matteo Cocco (che ricorda molto quella di Tovoli in "Tenebre", coi suoi giardini illuminati da chissà che cosa). Tensione che arriva all'apice specialmente negli inseguimenti in auto, in particolare in quello che vede Asia Argento fuggire dal luciferino furgone bianco, intervallato - con sapiente uso del montaggio alternato - con la precipitosa fuga di Diana e Chin.

Anche la sequenza iniziale dell'eclisse è decisamente ben fatta, e deve non poco al Lars von Trier di "Melancholia". 

Molte sono le cose che funzionano benissimo in questo film, teso e a tratti commuovente nel mostrare la corsa senza sosta per la salvezza di due "freak" del nostro tempo, inevitabilmente simili ai protagonisti del capolavoro Pixar "Up" (il protagonista col bastone, il bambino un po' paffutello, il cane che risolve la situazione).

È Argento, ed è anche Argento-vivo. Certo, non brilla come in "Suspiria", ma c'è.

Dopo tanti tentativi a vuoto e opere a dir poco imbarazzanti, Argento è tornato, riparte dall'amore per il diverso per costruire un film sentito e molto personale, nonché per certi versi una notevole summa del suo cinema.

E io, ultimamente molto critico nei confronti del caro Dario, mi sono risentito come quel bambino che nove anni fa si terrorizzò con quel capolavoro di "Suspiria", e stamattina, andando a scuola, mi sono spaventato a morte a ogni furgone bianco che passava per strada, temendo che dentro ci fosse il maniaco che avevo visto poche ore prima al cinema.

Non posso quindi che inchinarmi a questo toccante ritorno del Maestro del Brivido, che, con questo "Occhiali Neri", può aver realizzato il vero colpo di coda che ci si aspettava da tempo da un genio del suo calibro.

 

P.S. Ieri per la prima volta in vita mia ero da solo in sala, e questa cosa mi è dispiaciuta molto. E mi dispiace anche vedere che l'horror al cinema fa fatica a fare buoni incassi, quando roba come il nuovo Spider man incassa milioni. Speriamo che le sale tornino a essere popolate di gente, e che anche Argento non sia soggetto a un nuovo flop a livello di incassi, perché questo film merita tanto.

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