Midnight Swan, Eiji Uchida, 2020 [FEFF 23]
Gelso d'oro all'ultima edizione del Far East Film Festival, Midnight Swan è l'ennesima perla di Eiji Uchida, una delle voci più forti e vibranti di un certo cinema indipendente giapponese in grado di cooperare con lo star system locale (non a caso ha diretto alcuni episodi della super serie Netflix Il Regista Nudo) senza però rinunciare al suo sguardo sociale sempre più indirizzato ad outsider degni del miglior Sono Sion.
Midnight Swan si presenta fin da subito come un dramma LGBT su un transgender di mezza età divorato da una Tokyo sempre più omofoba e capitalista; inoltre, come se non bastasse deve prendersi cura di una giovane cugina, abbandonata da una madre scellerata.
Il film è densissimo ed è pieno di sotto-trame, tutte pervase da un'analisi nefasta e nichilista tra famiglie disfunzionali, suicidi giovanili, pressione sociale, sessualità malata del giapponese medio, transfobia latente pronta ad esplodere e più ne ha più ne metta.
Va bene, la carne sul fuoco è parecchia ma l'aspetto clamoroso è che tutto trova un perfetto equilibrio assecondato da una fugace speranza da ritrovare nell'amore verso l'arte e più precisamente verso la danza: unica ancora di salvezza in una contemporaneità infernale.
Eiji Uchida è poi un fenomeno con la macchina da presa tra inquadrature fisse dalla perfetta composizione scenica oppure sequenze complesse con carrellate laterali, movimenti estensivi e panoramiche per non parlare di una sequenza mastodontica in montaggio parallelo che culmina con il suicidio di una giovane sotto l'indifferenza di tutti, impegnati a divertirsi
Potentissimo e durissimo poi il finale che mi ha ricordato un certo approccio alla Kazuo Hara laddove il regista non ha paura di riprendere l'orrore del reale, al punto da sembrare dissacrante ed insensibile ma signori questa è la vita.
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