Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film
Ultimo bel film di Marco Bellocchio, presentato a Cannes quest’anno, fuori concorso, per l’assegnazione della Palma d’oro alla carriera al nostro regista. L’opera è dalla metà di luglio nelle nostre sale, ora finalmente riaperte dopo la lunga pausa d’agosto.
Il film sviluppa il tema dolorosamente biografico della tragica vicenda umana di Camillo, l'angelo, fratello gemello di Marco Bellocchio, morto suicida a soli 29 anni nel 1968.
L’idea di questo film nacque nel 2016, durante un pranzo di compleanno, quando nella casa patriarcale di Bobbio, si riunirono i fratelli e le sorelle ancora viventi della numerosa famiglia in cui con Marco erano cresciuti altri due noti intellettuali: Piergiorgio, e Alberto*, nonché le sorelle Letizia, nata sordomuta, e Maria Luisa, che con dedizione aveva raccolto le informazioni sulla sua famiglia, utilizzando anche il diario delle memorie materne.
A quel pranzo mancavano i due fratelli sfortunati: il primogenito Antonio – la cui follia probabilmente ebbe un peso determinante sul debole angelo – e naturalmente Camillo, il gemello che nessuno aveva aveva previsto e che a fatica aveva visto la luce dopo il lungo travaglio materno seguìto alla nascita di Marco.
Il film, dapprima pensato come il tentativo di ricostrure la storia della famiglia dal fascismo alla guerra fino alla “diaspora” dei tre figli più noti, diventa l’esplorazione di un mistero, il tentativo di far luce sulle ragioni della tragedia di quel giovane bello, fragile e sofferente per l’oscuro male di vivere, lo stato depressivo da cui vanamente aveva cercato di affrancarsi, lanciando anche segnali disperati - che nessuno volle o poté cogliere - e al quale egli stesso pose fine col suicidio del 27 dicembre 1968.
I sensi di colpa, che lentamente riemergono nel corso della ricostruzione, sono analizzati coll’aiuto dei documenti (fotografie, qualche lettera, oggetti conservati dalla fidanzata) e delle memorie fraterne annebbiate dal tempo trascorso, ma tocca allo psicologo Luigi Cancrini e al gesuita Virgilio Fantuzzi, penetrare con scarso successo nel mistero di Camillo, cercando, quantomeno, di dissipare i rimorsi e il dolore di Marco.
Si arricchisce, dunque, con questo insolito documentario, la filmografia di uno dei maggiori registi italiani, che quella sua famiglia “disfunzionale” ci aveva fatto conoscere attraverso i suoi film, che intercettavano umori e insoddisfazioni delle generazioni che prima e dopo il ’68 avevano individuato, anche nella frattura politica e culturale fra genitori e figli, la vitale contraddizione che, mettendo in discussione comportamenti e abitudini diffuse, avrebbe contribuito al cambiamento positivo della società.
Documentario, dunque, ma anche confessione intima e dolorosa, che alterna ricordi e rimpianti, tenerezza commossa e ironica rievocazione dei tic di famiglia, del perbenismo conservatore del padre, della religiosità superstiziosa della madre, sola, infine, di fronte alla tragedia terribile, che i figli non erano riusciti a nasconderle.
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* Piergiorgio nel 1962 aveva fondato i Quaderni Piacentini; Alberto era stato un noto sindacalista della FIOM ed era diventato in seguito segretario della Camera del lavoro.
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