Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film
In principio era “Vacanze in Val Trebbia”, poi “Sorelle” nel 2006, “Sorelle Mai” nel 2010 e nel 2021 “Marx può aspettare”. Oggi l’autoanalisi di Marco Bellocchio non passa più per il guru della psicoanalisi Massimo Fagioli. Le sedute dell’ultimo grande regista italiano sono questa serie di opere (auto) biografiche sulla sua famiglia. Sedute apertis verbis sulla morte del fratello gemello Camillo nel dicembre 1968. Una morte violenta, un suicidio inaspettato, i cui sensi di colpa hanno puntellato la filmografia di Bellocchio cineasta. Attraverso la testimonianza, il racconto dei fratelli: Piergiorgio, l’intellettuale dei “Quaderni Piacentini”; Alberto, le sorelle Letizia e Maria Luisa (figure familiari anche per noi spettatori); Gianni Schicchi, i figli Elena e Piergiorgio e così via. Essi ricostruiscono la figura di Camillo, un ragazzo bello, biondo e con un velo di malinconia. Forse era schiacciato dalle personalità dei fratelli più famosi, forse era insoddisfatto del lavoro di insegnante? Eppure sembrava avesse trovato la sua strada. Il gemello Marco scandaglia le motivazioni anche tramite la sorella della cognata che porta indizi privati precisi e risentimenti, la spocchia dei Bellocchio. Il regista non nasconde nulla, fa davvero una confessione pubblica, fa ammenda a nome di tutti.
Il cinema bellocchiano aveva già cercato di elaborare il lutto, di vivisezionare il dolore seminando qui e là quel terribile dolore. I bambini/ricordo/sogno di “Salto nel vuoto” che soffrono le urla dello zio matto (l’indimenticabile Giampaolo Saccarola), l’icona Lou Castel che piange il fratello gemello ne “Gli occhi, la bocca” contorcendosi in una ferita non rimarginabile. La madre stessa, figura che poi esploderà ne “L’ora di religione”, fa(ceva) capolino fin da “I pugni in tasca”. Ciascuno dei fratelli e delle sorelle rivive quegli attimi, quel tempo.
Bellocchio riesce ad appassionarci ancora una volta, ci emoziona e ci rende partecipi di un dramma familiare con misura e rispetto nonostante il tema non lo sia. Con le preziose letture psichiatriche di Luigi Cancrini e cinematografiche di padre Fantuzzi, l’autore di Bobbio ci restituisce un compendio della nostra società in un passaggio epocale del Paese. Questa pietra angolare, definitiva della sua vita è la migliore autoanalisi che potesse concepire.
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