Regia di Gerd Oswald vedi scheda film
E' un film di sceneggiatura e di attori. La prima, infatti, è buona e attenta nel mettere a fuoco i personaggi e la tematica, e al dare un senso preciso a tutta la vicenda. I secondi sono bravi, soprattutto la Stanwyck, che come sempre dà una maiuscola prova attoriale. Tra parentesi, non so perché nel film si chiama Doyle come nel film di Fritz Lang. La regia, invece, è solo scolastica. Non è carente o impacciata, ma fa solo il minimo sindacale per far funzionare il film. Per lo stesso motivo, una pellicola che per argomenti e situazioni sarebbe un noir, finisce per non esserlo proprio a causa della regia (e della fotografia). Mancano infatti le atmosfere del noir, come il buio, le ombre, la pioggia di notte, certi modi di far riprese negli interni e certe inquadrature.
Precisato questo, è comunque un film interessante e che ha le sue cose da dire. Il personaggio della protagonista è una donna inquieta e malata di ambizione. Quand'è ancora sola si dedica tutta alla carriera di giornalista e disprezza la vita normale e senza cose grandi, che lei ritiene mediocre. Dopo essersi sposata, e nonostante l'abbia fatto per amore, quel fremito malsano non la lascia. Proietta la sua mania di grandezza sul marito poliziotto e pretende da lui una gloriosa carriera nella polizia di Los Angeles. E' una smania che non le dà pace, che la porta a tormentarlo perché si faccia promuovere o trasferire in un distretto più promettente. Poi trama dietro le quinte fino praticamente a prostituirsi col capo del distretto. In tal modo finisce per distruggere la vita di un gran numero di persone, oltre che la propria.
L'argomento e il personaggio di lei, che è il centro del film, li ritengo interessanti e suscettibili di riflessioni.
E' un film che in mano a Fritz Lang, Billy Wilder o John Huston sarebbe stato un capolavoro. Peccato.
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