Regia di Michael Sarnoski vedi scheda film
NIC CAGE
Un solitario e scorbutico barbone, che apprendiamo poco per volta esser stato tempo prima un cuoco di gran successo, vive ora ritirato tra le foreste dell'Oregon, impegnato a sopravvivere cercando e rivendendo in nero tartufi; in questa attività aiutato non poco da un buffo quanto abile maiale femmina, che a quanto pare possiede il fiuto adatto per permettere all'uomo di sopravvivere in quella solitudine più esclusiva.
A metterlo in contatto col resto del mondo, un azzimato giovane, figlio di un celebre cuoco, che si prende cura di acquistare i preziosi tuberi e di rivenderli a celebri ristoratori della non lontanissima Portland.
Il giorno in cui una banda di balordi rapisce la scrofa di Rob, ecco che l'uomo, disperato, si affanna a cercare di ritrovare quel buffo animale, chiedendo aiuto al suo unico contatto con il mondo civilizzato.
Ma le motivazioni della disperazione dell'uomo, non risiedono tanto nel lato economico della perdita, quanto piuttosto in un legame affettivo che - come dimostrerà la vicenda - è divenuto una vera e propria ragione di sopravvivenza di un uomo disperato che non riesce più a vivere soggiogato da regole di discutibile civiltà che egli non riesce più a sopportare.
Il film che segna l'esordio dietro la macchina da presa di Michael Sarnoski, co-sceneggiato dallo stesso assieme a Vanessa Block, permette alla convulsa e piuttosto controversa carriera di Nicolas Cage di riportare l'attore ai vertici di una dote recitativa che, ormai da tempo, pareva abbandonata e svilita da troppi ingaggi di pura routine e, spesso, qualità artistica ai minimi livelli.
Stavolta Cage diviene la ragione più valida dell'intera produzione, l'anima e la gemma di un film duro e spigoloso travestito da thriller cupo, che non si concede per fortuna granché a derive sentimentali, pur essendo la storia tutta incentrata su una sorta di affiatamento ed armonia di coppia che restituisce all'essere umano una valida ragione per resistere e non farla finita, dopo l'abisso emotivo che lo ha trasformato in una cosa apparentemente fredda e senza stimoli né esigenze di frequentazione e comunicazione col mondo civile.
A completare un cast numericamente limitato, ma di un certo carisma, oltre al buffo porcello del titolo, che compare senza mai tradire la sua natura di creatura condizionata dal proprio istinto, animale per l'appunto, bisogna citare senza dubbio uno dei giovani attori emergenti più dotati e ispirati, ovvero quel Alex Wolff assai ricercato e dallo sguardo a metà strada tra la belva ferita ed il timido tenerone.
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