Regia di Anita Rocha da Silveira vedi scheda film
FESTIVAL DI CANNES – LA QUINZAINE DES REALISATEURS
In un Brasile distopico, ma neanche troppo lontano dall’attualità, la realtà sociale è dominata dal fondamentalismo cristiano e gruppi di ragazze si organizzano per punire in raid notturni le coetanee scostumate, mentre i ragazzi si arruolano negli esaltati “vigilanti del Signore”. Le giovani amano raccontarsi la storia (leggenda?) di Melissa, una bellissima attrice dissoluta che era stata sfigurata per punirla dei suoi peccati e che avrebbe poi fatto perdere le sue tracce per la vergogna per il suo nuovo orribile aspetto. Per Mariana, membro delle angeliche e spietate ancelle, la ricerca di una soluzione al mistero di Melissa, forse ricoverata in coma in una clinica, diventa l'inizio di un viaggio di crescita ed emancipazione personale che la porterà a mettere finalmente in discussione i condizionamenti a cui è stata sottoposta dalla società fanatica in cui è cresciuta.
Definito horror, lo è molto più nelle atmosfere inquietanti, tra le cui fonti di ispirazione non manco di identificare Suspiria di Dario Argento, che nella trama, che è soprattutto un atto di accusa e avvertimento nei confronti dei pericoli di una deriva confessionalista, da horror certamente nei suoi esiti sociali.
Nel corso dell'incontro Q&A al temine della proiezione allo Studio 13 di Cannes, la regista Anita Rocha da Silveira racconta di aver iniziato a scrivere la sceneggiatura nel 2016, ambientandola in un futuro distopico, che poi con la vittoria elettorale di Bolsonaro ha visto con preoccupazione avvicinarsi alla realtà contemporanea suo Paese. L'aderenza della sua narrativa con le evoluzioni ed involuzioni della società brasiliana, ed il ruolo dei social media nell’alimentarle e diffonderle, è certamente uno dei punti di maggiore forza ed interesse dell'opera. Ad esempio, spiega Anita Rocha da Silveira, il personaggio di Michelle, influencer cristiana che pubblica online video di consigli di vita per ragazze timorate, ad esempio tutorial su come nascondere col trucco i lividi delle violenze domestiche, è stato ispirato da una famosa youtuber brasiliana anti-femminista. Ai predicatori evangelici è invece ispirato il pastore Guilherme, dalle velleità politiche, che satiricamente fa cogliere da attacchi cardiaco mentre implora Dio di colpire i demoni. Il titolo è invece un riferimento al mito di Medusa, fanciulla bellissima trasformata in essere mostruoso dalla perdita della purezza. Il quadro di Medusa di Caravaggio, che ne ha immortalato il grido, è stata l'ispirazione per l'urlo liberatorio che nel finale del film segna l’emancipazione delle donne dall'oppressione inflitta e autoinflitta.
Dicevamo delle atmosfere angoscianti, che vengono efficacemente suscitate con un sapiente uso della fotografia, del buio e delle luci, della vivida palette di colori tra cui domina il verde e delle musiche ossessionanti (qui ho visto l’ispirazione a Suspiria). L'autrice dimostra una visione originale e mai pigra, vedi l'inventiva nel creare le canzoncine delle ancelle e le coreografie marziali dei vigilanti del Signore. Anche le scene di violenza, la regista rivendica di averle girate in un modo teatrale, lontano dal realismo. L’unica pecca che ho rilevato è che la trama sembra un po' perdere la bussola verso metà film e l'opera, pur mantenendo il fascino di atmosfera, dà l'impressione di girare in tondo per troppi minuti, prima di avviarsi verso l'epilogo. Una sforbiciata sulle oltre due ore di durata le avrebbe fatto bene.
Questo non basta però a mutate il giudizio estremamente positivo su un film che trovo tra i più stimolanti ed interessanti tra quelli visti al 74simo Festival di Cannes. Anita Rocha da Silveira è una giovane autrice che terrò certamente d'occhio.
Voto: 7,5 su 10.
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