Regia di Panah Panahi vedi scheda film
FESTIVAL DI CANNES 74 - QUINZAINE DES RÉALISATEURS
In viaggio all'interno di una jeep troviamo un padre seduto dietro con una gamba ingessata, una madre posizionata al posto anteriore, un bimbo piccolo e vivace assieme al padre, messo a tacere a stento con un karaoke in cuffia, e alla guida un taciturno figlio maggiore.
Ah, c'è pure un cagnetto docile e sofferente che sopporta la suacsua pena nel grande bagagliaio.
Dove vanno?
Che devono fare?
Sono allegri o tristi?
Nulla appare veramente chiaro, ma sappiamo di certo che la strada desertica che lascia spazio al verde delle alture montuose solcate da ruscelli impetuosi non è una via intrapresa a caso, e scopriremo parte di tutto questo mistero man mano che il viaggio ci conduce alla meta.
Una destinazione che ci verrà chiarita, senza indicarci le reali motivazioni. Ma
il disagio regna sovrano; ognuno pare nascondere qualcosa: il padre è zoppo o lo fa ad arte? La madre ride per non piangere o è solo un'impressione? Il bimbetto è incontenibile e strepitoso nel suo eccitamento senza controllo.
Nel suo film d'esordio il giovane Panah Panahi, figlio del gran regista iraniano Jafar, ci conduce lungo un percorso magico e misterioso immergendoci tra una famiglia al bivio, e alle prese con una scelta dalla quale non si potrà andare indietro.
Il suo film, in cui campeggia un evocativo e bellissimo manifesto, è un concentrato di studio introspettivo degno del mirabile cinema Paternò, e di pura energia a stento trattenuta, profondo e in grado di cesellare personaggi esemplari che restano impressi nella mente pur nell'indecifrabile enigma che perdura durante tutta la vicenda.
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