Regia di Stephen Frears vedi scheda film
Che cosa faccia il successo dei libri di Nick Hornby è difficile dirlo, probabilmente la capacità di descrivere alla perfezione gli stati d'animo di ciascuno di noi nel coltivare, lungo lo scorrere delle nostre vite, delle piccole passioni che rasentano la maniacalità, senza necessariamente che andiamo a finire nella follia. Così come al centro di "Febbre a 90°" (1992) c'era il calcio, il tema di "Alta fedeltà" libro è la musica, ma ancora di più il bisogno, quasi fisico, di compilare una serie infinita di top five musicali ed esistenziali, comprendenti la necessità di classificare le ragazze di una vita, a seconda dell'intensità del sentimento suscitato, della delusione provocata e così via. Il film diretto da Frears, nonostante che soffra, secondo me, del trasferimento dall'amata-odiata Londra alla Chicago dei nostri giorni, è furbetto, forse anche un po' compiaciuto nella descrizione del protagonista-narratore, ma fondamentalmente riuscito. Il protagonista si rivolge direttamente allo spettatore, come in un film d'avanguardia degli ultimi anni sessanta (v. l'"Alfie" con Michael Caine), raccontandogli la propria vita dal momento in cui la sua ragazza Laura lo lascia per un vicino frikkettone, fino a quando la stessa, colpita dalla perdita del padre, torna dal fidanzato, inguaribile immaturo, anche un po' stronzetto e paraculo, nel piegare la verità sempre un po' a suo favore (ma pur sempre un simpatico bravo ragazzo, come un po' tutti riteniamo di essere stati). Hornby, e con lui Frears e con lui Cusack (vera mente dell'operazione "Alta fedeltà" film), sa dove colpire: sa che per un giovane non esiste gioia più agognata e più completa, una volta raggiunta, del ritorno di una fidanzata "figliolprodiga" che si ripresenta all'ovile dopo avere fatto un confronto fra l'altro e te. E alla fin fine ci racconta questa storia, condita da una serie quasi infinita di classifiche che ciascuno snocciola come quella definitva, ma che sono una diversa dall'altra, e perfino diverse da sé stesse a seconda del momento in cui sono compilate (si veda la delusione per il nuovo incontro per la mitizzata ex fidanzata Charlie).
Molto riuscita l'alchimia tra il protagonista John Cusack e i due commessi del suo negozio di dischi in vinile Todd Louiso (il nevrotico e logorroico pelatino Dick) e il vulcanico ciccione Jack Black (Barry), che si trasforma, in un finale improbabile come quello di "La vita è meravigliosa", in un cantante melodico a metà tra il Marvin Gaye di "Let's Get It On" (vero tormentone del film) e l'Elvis di "Are You Lonesome Tonight". Inevitabile qualche incongruenza tra l'ambientazione americana e i gusti prettamente anglofili del protagonista in fatto di musica, ma Chicago raramente è stata resa così bene in film recenti. Colonna sonora pressoché sterminata, con qualche chicca, come "You're Gonna Miss Me" dei Thirteen Floor Elevators, "I Can't Stand The Rain" di Ann Peebles e qualche pezzo meno battuto di Bob Dylan.
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