Regia di Roberto Bianchi Montero vedi scheda film
Un uomo, zoppo, rimane con l'auto in panne in una zona desolata. Fa così ingresso in un paesino semiabbandonato nel quale il nervosismo è alto e sembra essere in atto una guerra tutti contro tutti.
Che esperimento bizzarro, questo Una donna per 7 bastardi! Il titolo richiama lo spaghetti western, con l'aggiunta di quel 7 che fa molto gangster movie, nello specifico 'film sul grande colpo' sulla scia dei 7 uomini d'oro di Marco Vicario (1966); e a ben guardare la trama ha elementi sia del primo genere, verso il quale principalmente tende, che del secondo. Questa è la classica pellicola che manda fuori di testa Quentin Tarantino, più per i suoi difetti che per i suoi pregi – comunque non pochi anche questi ultimi. Si è parlato di 'esperimento', in incipit, ma in realtà probabilmente il termine più giusto dovrebbe essere 'pasticcio': dietro all'esperimento in genere c'è una volontà ben precisa, mentre qui Roberto Bianchi Montero – regista dal curriculum non proprio eccellente – fa di necessità virtù e imbastisce alla meno peggio un'opera clamorosamente poveristica che si basa su due elementi due: la tensione e le scazzottate. Per la precisione, nella prima metà della storia ha la meglio la tensione, mentre nella seconda trionfano le botte da orbi, spesso e volentieri messe in scena senza guardare troppo al senso logico della situazione. Un titolo talmente 'scult' che il solitamente preparatissimo Marco Giusti, nel suo Dizionario del western all'italiana, ammette di non avere quasi nessuna informazione a riguardo; molto miglior figura fa invece l'altrettanto affidabile ed enciclopedico Roberto Poppi che, sul blog Cinemaitalianodatabase, spiega come in effetti Una donna per 7 bastardi sia uscito normalmente al cinema e abbia anche racimolato un discreto incasso, per essere poi ripubblicato in giro per il mondo per il mercato homevideo. Oggi come oggi, a ogni modo, è facilmente reperibile su YouTube: la visione è comunque consigliata solo agli amanti del genere, sebbene vadano riconosciuti i meriti sia della sceneggiatura di Leila Buongiorno (da un'idea del protagonista Richard Harrison) che quelli del casting, che non sbaglia un colpo selezionando oltre a Harrison Gordon Mitchell, Dagmar Lassander, Ivano Staccioli, Andrea Checchi e Luciano Bartoli. 4/10.
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