Regia di Dutch Marich vedi scheda film
Found-footage, e al tempo stesso finto documentario, con lunghe e poco coinvolgenti (false) interviste, anticipate da una chiamata telefonica al 911, effettuata per chiedere aiuto nel ritrovare un ragazzo scomparso. Interessante il video recuperato, ma arriva sullo schermo troppo tardi.
Nel luglio 2017, Gary Hinge sparisce nel Nevada settentrionale durante un'escursione all'aperto. Nonostante una lunga e accurata ricerca, il suo corpo non viene ritrovato. Nel terzo anniversario della sua scomparsa amici e persone care ricordano gli eventi che hanno portato il ragazzo a intraprendere quell'avventura, conclusa in maniera tragica.
Horror in the high desert: scena
Il found-footage, quel sottogenere horror che tratta di immagini ritrovate e che in The blair witch project (Daniel Myrick ed Eduardo Sánchez, 1999) - ma andando ancora più indietro, quindi alle origini, non si può non citare Cannibal holocaust (Ruggero Deodato, 1980) - ha il suo esponente di punta, è un genere molto difficile da realizzare. A dispetto dei pochi mezzi richiesti, in genere adatti al tipo di immagini da rappresentare (brevi clip registrate su cellulari, camcorder o macchine fotografiche), diventa davvero complicato mettere assieme un lungometraggio in grado di farsi seguire con interesse. Senza generalizzare, e quindi non porsi prevenuti alla visione di un nuovo titolo, va aggiunto che in alcune circostanze il risultato ha saputo superare le aspettative (solo per citare un titolo: [Rec], Paco Plaza e Jaume Balagueró, 2007).
Il regista Dutch Marich, che aveva saputo sorprenderci con l'inedito Infernum (2019), ha da poco concluso il suo ultimo lavoro che si intitola Horror in the high desert, girato in tempi di piena pandemia (mai si vedono due attori assieme e le interviste sembrano realizzate con lo zoom). L'idea è intrigante e alcuni momenti - per l'uso di suoni agghiaccianti e riprese notturne - ricordano il già citato Infernum. In questa occasione la "lentezza" è però parte preponderante del girato, quantificabile in circa un'ora, tempo durante il quale la storia viene raccontata per interviste effettuate alla sorella dello scomparso, a un amico, a un giornalista e un investigatore privato. Il taglio è serio, al punto da apparire come "storia vera" e in genere gli attori non professionisti riescono a interpretare il ruolo con la necessaria preparazione. Tanto che sembra di assistere a una puntata di "Chi l'ha visto?" (e questo non è un difetto, al contrario). Peccato però che le tante dichiarazioni siano prive di interesse, costruite sul vissuto personale e in genere anonimo, di Gary. Per intenderci, la storia arresta bruscamente il suo sviluppo per restare congelata sino alla rivelazione finale, celata ai media ma nota ai protagonisti grazie appunto a un video ritrovato. Quei venti minuti di found-footage, effettuati con un particolare visore notturno (che conferisce una tonalità in bianco e nero, sfocato, alle riprese), riescono a rendere palpabile la tensione e creano anche qualche intenso brivido lungo la schiena, senza però emergere qualitativamente dallo standard di pellicole simili. Horror in the high desert resta dunque un film parzialmente incompiuto (che però nel finale minaccia un sequel), un prodotto che dimostra ancora le buone qualità di Marich come regista, in questo caso alle prese con una sceneggiatura che non convince.
Horror in the high desert: scena
"E questo mi ha insegnato che non si può avere niente, non si può avere assolutamente niente. Perché il desiderio inganna. È come un raggio di sole che guizza qua e là in una stanza. Si ferma e illumina un oggetto insignificante, e noi poveri sciocchi cerchiamo di afferrarlo: ma quando lo afferriamo il sole si sposta su qualcos'altro e la parte insignificante resta, ma lo splendore che l'ha resa desiderabile è scomparso." (Francis Scott Fitzgerald)
Trailer
F.P. 09/06/2021 - Versione visionata in lingua inglese (durata: 80'45")
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