Regia di Julie Taymor vedi scheda film
Dalla tragedia giovanile di Shakespeare, dramma torvo e truculento influenzato da Christopher Marlowe e dagli elisabettiani nonché dal tetro teatro del filosofo romano Lucio Anneo Seneca, la giovane regista Julie Taymor trae un film filtrato attraverso l'esperienza del "Riccardo III" (1995) di Richard Loncraine (quello con Ian McKellen), che sembra un incontro del teatro di Carmelo Bene con il cinema dell'ultimo Greenaway. Ovviamente con una discreta dose di sgozzamenti e squartamenti, specialmente nel finale.
Tito Andronico è lo schiavo del potere, fedele fino all'autolesionismo, fino a dare all'autorità una mano e le vite dei propri figli. Salvo scoprire, alla fine, la crudeltà senza redenzione dei potenti, proprio grazie alla confessione di uno di loro, il più cattivo, che è però anche il meno ipocrita e quello che accetterà di morire pur di salvare il figlioletto (l'unico messaggio di speranza, benché nato da due mostri di malvagità), contrariamente a quanto fa Tito che, come Abramo, non esita a sacrificare i propri (ma anche gli altrui) figli.
Recitato benissimo, specialmente da Anthony Hopkins e Jessica Lange (e non è una novità), ma anche dal colored Harry J. Lennix, nella parte del perfido Aaron (chissà se in Shakespeare fu un caso il nome ebraico), ambientato in una Roma imperiale futuribile, in cui i soldati cavalcano motociclette e sparano con armi da fuoco (anche se le vendette si consumono alla vecchia maniera, tutt'al più con l'uso di un cucchiaio), "Titus" fruisce anche degli ottimi costumi dell'appena oscarizzata Milena Canonero e, pur sfiorando più volte la soglia del ridicolo, costituisce uno spettacolo più che dignitoso (6½).
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta