Regia di Anthony Minghella vedi scheda film
Un giovane, ricco, viziato, di nome Dickie, sembra non avere intenzione di tornare a casa e continua a darsi alla bella vita in Italia e non solo. Il padre, che finanzia i suoi vizi, manda sulle sue tracce Tom Ripley che si presenta come compagno di studi di Dickie. Tom sfrutterà questa occasione per impossessarsi dell’identità di Dickie… dopo averlo ucciso. Ma sulle sue tracce si mettono un amico, un poliziotto e le intuizioni della sua fidanzata.
Per quanto tempo può protrarsi una bugia? È la domanda che mi sono posta sia durante la visione di questa pellicola che durante la visione del film del 1960 diretto da René Clément, (vi lascio qui la mia recensione) di cui questo film è il remake. Insolente.
Visto che Delitto in pieno sole mi era piaciuto moltissimo, ho deciso di recuperare il film del 1999 scritto e diretto da Anthony Minghella che, a detta di moti, era addirittura meglio del primario film; tratti entrambi dal romanzo Il talento di mister Ripley di Patricia Highsmith i film possiedono in realtà caratteristiche differenti.
Se il primo ha uno svolgimento più serrato e coinvolgente, il secondo finisce per dilungarsi in certe situazioni in modo alquanto prolisso; anche taluni personaggi, che nel film del 1960 vengono magari solo accennati o utilizzati per comporre una scena, nel film di Minghella hanno più spazio e manovra d’azione, causando un dilatamento della narrazione che ne appesantisce la visione, affievolendone l’attrattiva.
Non considerando il paragone con la pellicola di Clément, nel cinema i paragoni sarebbero sempre da escludere (in questo caso più che mai considerando che la pellicola di Minghella ne uscirebbe massacrata), resta il fatto che il film ha davvero pochi guizzi interessanti. Il racconto si svolge lento e pastoso, con molti dialoghi e inesistenti inquadrature suggestive che finiscono per esasperare anche le stupende ambientazioni italiane.
Sorvolando sulla presenza degli attori nostrani, se escludiamo Sergio Rubini e Stefania Rocca, gli altri sono praticamente da dimenticare (mentre guardavo il film evitavo anche di osservarli), che se analizzata ridurrebbe ulteriormente il gradimento della pellicola, è invece da evidenziare il dualismo ambiguo tra Dickie e Tom (interpretato in modo convincente dai due protagonisti che comunque non eccellono) che qui viene “giustificato” con una morbosa ossessione del secondo nei confronti del primo, generando così il conseguente sviluppo di una sotto-trama amorosa che si svilupperà soprattutto nell’atto finale, più violento ma al contempo meno sconvolgente della pellicola del ’60 a cui si ispira.
Visione deludente di un remake ispirato ad un film che, a distanza di anni, risulta nettamente superiore sia per svolgimento che per interpretazione.
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