Regia di Jafar Panahi vedi scheda film
Per una donna è difficile anche nascere, nell'Iran di oggi. Il suo destino è di stare sottomesssa all'uomo oppure di non poter viaggiare da sola, di essere ripudiata e perfino di non essere nemmeno libera di fumare una sigaretta in pubblico. Figuriamoci le protagoniste del "Cerchio", che sono tutte detenute o ex detenute, una delle quali fugge di galera per cercare di abortire (ma non sarà facile), mentre un'altra abbandonerà la propria bambina, non essendo in grado di mantenerla.
Panahi racconta un tragico girotondo (il titolo si riferisce alla struttura, circolare appunto, del film) in cui le donne iraniane, pur vitali e con aspirazioni di modernità, restano una casta inferiore della società. "Il Cerchio" deve molto al neorealismo italiano, anche se gli manca l'ironia che cineasti come De Sica e Rossellini sapevano instillare nelle loro vicende (cosa che sa fare anche, ma è su un altro piano rispetto a Panahi, Kiarostami). Il film ci immerge in un'atmosfera cupa, che inizia con la nascita dell'inattesa bambina (la famiglia del padre voleva un maschio) e ci conduce attraverso un incubo che si chiama, per chi è donna, Iran. (9 settembre 2004)
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta