Regia di Eskil Vogt vedi scheda film
Bambini cattivi, bambini con poteri paranormali o telecinetici, innocenti ma anche no: ci siamo già visti millanta volte e Vogt non aggiunge nulla di nuovo allo schema, ma anzi ne affossa le potenzialità con un andazzo flemmatico e smorto, un approccio “quotidiano”, realistico e dilatato per mettere in mostra il mero esercizio del male.
Il che non sarebbe neanche un male perché, nonostante il plot risaputo, le tematiche potenzialmente interessanti erano tante: la supposizione di una malvagità congenita dell’essere umano, a prescindere da qualsiasi potere subentrante; la telecinesi come superamento dell’handicap mentale (Anna sembra “guarire” proprio grazie a questi poteri), la presa di coscienza, da parte dei protagonisti, delle loro ambigue “capacità”. A Vogt però interessa avanzare per eccessiva sottrazione, indugia ma non scava, sprigiona dilemmi e li abbandona a sé stessi. Qualsiasi “X-Men”, sotto questo aspetto, è più inquietante (come anche il misconosciuto “Chronicle”, ma l’elenco – che potrebbe idealmente partire dal “Villaggio dei dannati” di Wolf Rilla, è molto lungo). Soporifero; due lunghe ore estenuanti.
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