Regia di Eskil Vogt vedi scheda film
Opera dalle molteplici virtù inespresse che rifulge di accattivanti soluzioni figurative, un gruppo eterogeneo di interessanti giovani protagonisti ed un finale da inevitabile resa dei conti nel quale spira sinistro, nella calura dell'estate scandinava, un livoroso ed implacabile refolo di morte.
Quattro ragazzini con storie familiari diverse, si ritrovano sotto il palazzone residenziale in cui abitano per condividere i momenti di svago di una luminosa estate norvegese. La scoperta condivisa di misteriosi poteri ESP, trasforma le normali scaramucce dell'infanzia in un gioco molto pericoloso.
Four numbers Eleven
Già sceneggiatore di tutti i film di Joachim Trier ed autore del pluripremiato Blind (2014), il norvegese Eskil Vogt sembra riprendere la tematica di una alterata percezione del mondo del suo primo lungometraggio e quella di una sua incontrollabile capacità manipolativa già vista in Thelma (2017), riconducendo il suo esperimento sociologico da Signore delle mosche, in un giardino d'infanzia autogestito dove innocenti pulsioni sadiche come taumaturgiche virtù empatiche riproducono un atavico scontro tra le forze del bene e quelle del male che glissa proprio su quelle sfumature psicologiche dell'età dello sviluppo che avrebbero potuto rendere il lavoro assai più interessante e convicente. Più centrato come lavoro di messa in scena che di scrittura, il film di uno sceneggiatore di vaglia risolve la sua apparente contraddizione creativa nel tentativo di ricavarne un'opera narrativamente compatta che cerca di sfuggire ai numerosi cliché di un prodotto di genere (Il Cronemberg di Scanners o il De Palma di Carrie ne sono due esempi da antologia) traslando il portato spettacolare di questi poteri extrasensoriali sul piano delle sue implicazioni etiche e sociali (disagi familiari e multiculturalità alla periferia di Oslo) e stabilendo una relazione asimmetrica tra la propensione alla vita delle tre femminuccie del gruppo e le pulsioni distruttive dell'unico maschio alfa, frustrato da una condizione disagevole di bistrattato figlio di madre single, ma evocando a sua volta uno stereotipo che si rivela meramente funzionale alla tenzone finale. Pure a mezzo servizio pare il riferimento alla disabilità della ragazza autistica nella progressiva taratura delle rispettive potenzialità dei conponenti del quartetto e che la investono quale leader indiscusso a dispetto degli apparenti deficit cognitivi, forse avanzando l'interessante tesi secondo cui le capacità dell'uomo come essere sociale si possono esprimere pienamente solo nella reciproca interazione, crinale scivoloso sul quale pure si innestano tensioni, ripicche e prevaricazioni in una escalation di perigliosi dispetti che si capisce facilmente dove vogliano andare a parare. Marginale e sullo sfondo resta invece il mondo degli adulti, inconsapevoli e distratti mancati testimoni di una crescita etica e caratteriale che marca ancora di più la condizione di solitudine di un'infanzia chiamata a cavarsela da sola (anche i momentanei progressi della figlia disabile sono compresi tardivamente) segnando una strategia narrativa in cui le tensioni drammatiche restano pericolosamente sottotraccia rispetto all'apparente normalità del quotidiano tran tran suburbano. Rimane quindi un lavoro dalle molteplici virtù inespresse che rifulge di accattivanti soluzioni figurative (un baluginio della luce meridiana tra la strada e le vetrate di casermoni dormitorio quale rappresentazione di uno volontà malevova che ribalza di casa in casa), un gruppo eterogeneo di interessanti giovani protagonisti (ciascuno portatore di uno stigma personale che ne prefigura il destino) ed un finale da inevitabile resa dei conti nel quale spira sinistro, nella calura dell'estate scandinava, un livoroso ed implacabile refolo di morte. Presentato al Festival di Cannes 2021, ha raccolto numerosi riconoscimenti in diverse kermesse cinematografiche, tra le quali la speciale menzione per il regista nella sezione ufficiale per la Fantascienza al Festival del Cinema di Sitges del 2021.
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