Regia di Eskil Vogt vedi scheda film
Al cospetto di direttive che guardano di buon occhio all’omologazione, imponendo direttamente/indirettamente dei paletti che da consigliabili stanno diventando invalicabili, con il senso del pudore che viene osservato con deferenza/timore (talvolta senza crederci), è sempre più raro imbattersi in modelli/dettami/idiomi in grado di percorrere sentieri che siano a tutti gli effetti alternativi. In abbinamento, una propensione al coraggio, accompagnata da una consapevolezza senza la quale sarebbe tutto inutile a prescindere e solamente controproducente, è una mercanzia praticamente introvabile su piazza.
Per quanto vada preso con le pinze, The innocents riesce nell’impresa di entrare in questa esclusiva categoria. Non concede contentini di sorta (se non parziali e destinati a essere disintegrati alla prima occasione), non ha la benché minima indecisione (sfidando il buon senso) e non scende a compromessi con la sensibilità comune, con tutto ciò che questo significa/implica.
L’insofferente Ida (Rakel Lenora Flottum) e sua sorella Anna (Alva Brynsmo Ramstad), una ragazzina affetta da una forma di autismo che la isola del resto del mondo, si trasferiscono con i loro genitori in un’area residenziale di periferia.
Si trovano in estate e in strada rimangono poche anime, ma Anna riesce comunque a stringere amicizia con Ben (Sam Ashraf) e Aisha (Mina Yasmin Bremseth), due bambini con capacità fuori dal comune. Infatti, Ben riesce a spostare gli oggetti con la sola forza del pensiero, mentre Aisha stabilisce un legame speciale con Anna, al punto di riuscire a guidarla, fino a farla parlare.
Fin da subito, non mancano segnali inquietanti, che finiranno per sfociare in una situazione fuori controllo, che obbligherà Ida a prendere decisioni onerose e indifferibili, le uniche da intraprendere per proteggere se stessa e i suoi affetti.
Già sceneggiatore di fiducia di Joachim Trier (Segreti di famiglia, Thelma, La persona peggiore del mondo), al servizio del quale aveva dimostrato di essere a suo agio con registri assai diversi tra loro, Eskil Vogt lascia il segno con la sua seconda regia (in precedenza, Blind aveva già denotato qualità da monitorare attentamente).
The innocents utilizza come (quasi) unico filtro gli occhi, le sensazioni e l’indole di tre bambini, facendo saltare il banco delle consuetudini più collaudate/richieste, quel cerchio magico fatto di innocenza che nessuno ha il coraggio di scalfire se non attraverso azioni subite, comunque sia mai perpetrate per scelta univoca (vittime sì, carnefici mai).
Partendo da una condizione in apparenza tranquilla, tra uno spazio dove non si muove una foglia, l’estate che suggerisce un allentamento dei ritmi di vita e l’oasi della fanciullezza, fornisce un ritratto dell’infanzia che taglia fuori quasi tutto il resto, gli stessi adulti di riferimento sono componenti sostanzialmente passive, abbracciando l’orrore, tra chi infierisce, chi subisce e chi non può fare altro che tentare una missione disperata.
Un riquadro in progressivo deterioramento che da una contingenza contraddistinta da varie forme di disagio/diversità (un handicap fisico che crea barriere insormontabili, il peso di non disporre di una crescita normale, nuclei familiari di immigrati che per giunta mancano della figura paterna) allestisce una traccia dapprima leggera (ma non troppo) e macchiata di fantasy, per poi avventurarsi/districarsi in venature e suggestioni sensoriali da thriller che sconfinano nell’horror, sciorinate in una versione quanto mai acuta e insidiosa, tanto da spalancare voragini abissali/abrasive.
Dunque, esce con decisione dal solito e confortevole cortile, costituisce uno stato di costante allerta e infrange la barriera della consueta comprensione. Non ha paura di osare e si appoggia su di una messa in scena quadrata e disciplinata, nonché su effetti sonori che forniscono un contributo supplementare, sposta gli equilibri diffondendo un’ansia a tratti insostenibile, con pensieri nocivi che si materializzano in cattiverie insopportabili (in un caso del genere, gli spoiler non sono consentiti ma è giusto sapere che si va decisamente oltre a quanto siamo abituati a ritenere accettabile), con un’intensità permanente e crescente, che intercetta il suo culmine in un lungo sprint finale che lascia impietriti/sgomenti.
In buona sostanza, con The innocents il cinema nord europeo colpisce ancora. Diretto con fermezza da Eskil Vogt, un talento da tenere in considerazione per il futuro, è tutto fuorché un’esperienza indicata a chiunque. Mette alla prova, a cominciare da una carburazione giustamente graduale, non torna mai sui suoi passi, non si ferma, lancia il sasso e non ritrae la mano, gestisce magistralmente i giovanissimi protagonisti, uno più bravo dell’altro (Rakel Lenora Flottum è semplicemente eccezionale), che diventano un indubbio fiore all’occhiello, per un film luminoso fuori e raggelante dentro, ipnotico e distorsivo, che apre lacerazioni profonde/striscianti, scandagliando/scuotendo i meandri della natura umana – ormai allo sbando - dalle fondamenta.
Tra realtà e paranormale, malvagità e istinti protettivi, condizioni svantaggiate e giochi di prestigio, paure ancestrali e connessioni speciali, percezioni singolari e una sospensione immersiva, dissociazioni cruente e un disarmante disagio, per un incubo agghiacciante che incrina/spezza qualsiasi certezza.
Sconvolgente e vertiginoso, impietoso e impetuoso.
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