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After Yang

Regia di Kogonada vedi scheda film

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La recensione su After Yang

di mck
8 stelle

Welcome to the Family of 4, ovvero: Fun Facts about China.

 

Il cinema del sudcoreano-statunitense battesimatosi in crasi pseudonimeteronimica Kogonada (nome di penna/piuma e d'arte/battaglia in omaggio a Kôgo Noda, braccio destro in fase di sceneggiatura di Yasujiro Ozu) lo si ama per il tepore al calor bianco che promana dalla freddezza naturalmente ricercata delle inquadrature, qui impastate d’infinite sfumature di verde prativo/canopeico (come già in “Columbus”, e per altri versi - iper-accentuati digitalmente - nel "Parasite" del semi-connazionale Bong Joon-ho) dello sfondo (la “selvaggia” vegetazione “urbana”, e quella contenuta negli ovotaxi-serra che sfrecciano con calma attraverso i tunnel di comunicazione) e di bronzo-rame ligneo delle superfici d’arredo e di ectoderma interraziale, per l’occasione illuminate e fotografate magnificamente da Benjamin Loeb (“Mandy”, “Pieces of a Woman”).

 

(Scentramento e) Fuoricampo (e tutto il film sarà l'esplorazione di quel controcampo)...

 

 

- “Memory Balia?”
- “Memorabilia.”

Se si sopravvive alla fascinazione dei titoli di testa post-prologo, musicati (“Welcome to Family of 4”) a mo’ di Gioca Jouer da Aska Matsumiya (al posto di Simonetti & Cecchetto), interpretati in preponderante prolessi dall’intero cast --[un ottimo Colin Farrell in zona “the Lobster” e “the Killing of a Sacred Deer”, che ad un certo punto (e varrebbe la “pena” di assistere ad “After Yang” anche solo per questo momento), declamando filologicamente la tag-line del documentario “All in this Tea” di Les Blank e Gina Leibrecht, imita/riproduce alla perfezione l’inglese con accento teutonico di Werner Herzog rendendolo riconoscibile ad ogni cinefilo che si rispetti sin dal primo titillar di timpano anche se non si conosce il non certo famosissimo documentario da cui è tratta quella parte (leit-motiv) di dialogo gutturalmente mimato: “Yes, but I imagine things like you are walking through a forest, and there are leaves on the ground, and it just had rained, and the rain has stopped, and it's damp, and you walk, and somehow, that is all in this tea!”, una brava (e, per inciso, splendida) Jodie Turner-Smith (“Jett”, “Queen & Slim”), un appropriato Justin H. Min [nel ruolo del soppiantat(t)ore: il (non) consanguineo sostituto della patria/matria, il legame con le proprie radici etniche, il fraterno tutore/sostegno/supporto alla crescita senza spaesamento], e poi quella faccia lì, à la Willem Dafoe, di Clifton Collins Jr. (“WestWorld”, "the Mule", “Once UpOn a Time... in HollyWood”), più le ottime presenze sceniche di Haley Lu Richardson (“Split”, oltre che co-protagonista dello stesso “Columbus”) e Sarita Choudhury (“Lady in the Water”, “the Green Knight”), e infine la piccola Malea Emma Tjandrawidjaja]-- e disegnati da Teddy Blanks della CHIPS --(Listen Up Philip, Queen of Earth, the Lost city of Z, Golden Exits, Lady Bird, Hereditary, Old Man & the Gun, Her Smell, Russian Doll, the LightHouse, MidSommar, Black Bear, She Dies Tomorrow e il già citato "the Green Knight": e sì, lo sa fare il suo lavoro)--, ecco che allora l’opera seconda nel lungometraggio di Kogonada, dopo “Columbus” (e se non conoscete i suoi cortometraggi “sperimentali” dedicati ognuno ad un grande regista o ad una importante tematica cienmatografica del passato o del contemporaneo, beh, recuperateli!), da lui scritta traslando “Saying Goodbye to Yang”, un racconto di Alexander Weinstein, qui anche co-produttore, contenuto nella sua antologia del 2016 intitolata “Children of the New World”, attrae compiutamente ed empaticamente lo spettatore verso la rappresentazione di una ciclica ipermetamorfosi animata da una sovrascrittura che non cancella i ricordi, ma li manda a memoria.

 

 

Il montaggio (la punteggiatura, gli a capo e l'impaginazione di un film) è dello stesso Kogonada e le ottime musiche (l’odore della carta, le illustrazioni e le note a piè di pagina di un film) sono del già ricordato Aska Matsumiya, con in più la “Memory Bank” di Ryuichi Sakamoto e la cover ad opera di Mitski della “Glide” dei Lily Chou-Chou (esistenzialmente parenti prossimi dei Bee Hive) utilizzata come song dei titoli di coda.
La supervisione agli effetti speciali è di Ilia Mokhtareizadeh, le scenografie sono di Alexandra Schaller, Max Wixom e Joanne Ling, i costumi sono di Arjun Bhasin, mentre una menzione speciale a parte è per il sound design di Ruy García (il tè deglutito nello stomaco di latta).

 

Pre/sotto-finale serenamente lancinante. In attesa del futuro.

 

 

Welcome to the Family of 4, ovvero: Fun Facts about China.
- I suoi abitanti hanno imparato a scrivere su ossa oracolari come i gusci di testuggine: ci credo che poi vergano in quel modo buffo lì. Che sciocchi.
- Metà è semi-desertica e metà è semi-pluviale. Praticamente Biandrate.
- Il loro governo ti spia con lo Uàuèi (semi-cit.). 

* * * * (¼) – 8.25

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Appendice.
Filmografia (Sterminata/Minima) Affine.

• Do Androids Dream of Electric Sheep?
- 1927: “Metropolis” di Fritz Lang e Thea von Harbou

- 1982: “Blade Runner” di Ridley Scott & Philip K. Dick e Hampton Fancher & David Webb Peoples

- 2001: “A.I. - Artificial Intelligence” di Steven Spielberg, Brian Aldiss, Ian Watson (e Stanley Kubrick)
- 2009: “the Windup Girl” di Paolo Bacigalupi
- 2015: “Ex Machina” di Alex Garland
- 2016: “Mika Model” di Paolo Bacigalupi
- 2020: “the Trouble with Being Born” di Sandra Wollner e Roderick Warich
- 2021: “After Yang” di Kogonada & Alexander Weinstein

• Ricordi/Esperienze Estratte/Condivise:
- 1983: “BrainStorm” di Douglas Trumbull e Bruce Joel Rubin, Philip Frank Messina, Robert Stitzel
- 1995: “Strange Days” di Kathtyn Bigelow & James Cameron e Jay Cocks
- 2021: “Bewilderment” di Richard Powers (ricordi/esperienze come terapia/cura)

• Altre Nature (ri)create/piegate:
- 2001: “Her Chimpanion” di Michael Bishop

• Dintorni [i Sostituti, i Supplenti, i Soppiantat(t)ori]:
- 2011: “Alpeis” di Yorgos Lanthimos & Efthymis Filippou
- 2019: “Family Romance, LLC” di Werner Herzog

• Collateralità:
- 2007: “CyborgJiman GwaenChanh-a / I'm a Cyborg, But That's Ok / Sono un Cyborg, Ma Mi Sta Bene” di Park Chan Wook e Jeong Seo-Gyeong

- 2020: "DEVS" di Alex Garland

• Citazione (Nascosta/Evidente) Diretta/Diegetica:
- 2007: “All In This Tea” di Les Blank & Gina Leibrecht   

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