Regia di Semih Kaplanoglu vedi scheda film
FESTIVAL DE CANNES 74 - UN CERTAIN REGARD
Hasan è un contadino che si prodiga a far rendere la terra ereditata dal padre e coltivata ad ortaggi e frutteti tra le dolci colline ubertose di una Turchia fertile e materna che pare la Val Scrivia o le amene colline del tortonese Tuttavia da tempo l'uso di pesticidi, utilizzati per massimizzare il raccolto, rende meno appetibili i frutti del suo terreno, perché una severa norma europea ne vieta il commercio all'interno della UE stessa.
Utilizzo di concimi che l'Europa osteggia e combatte, ma che produce al suo interno e poi commercializza al di fuori dei suoi confini. Ne fa le spese, primo fra tutti, il gatto della moglie, che si ciba di un topo intossicato dai pesticidi, e che Hasan poi seppellisce di nascosto per non addolorare più del dovuto l'amata sposa.
La chiamata ad un viaggio tanto desiderato verso la Mecca e da tempo prenotato, farà sì che Hasan, buon uomo ma non certo disposto a farsi fregare negli affari, cominci a sentirsi a disagio su molti dei suoi atti posti a salvaguardia esclusiva dei suoi interessi e ai danni dei vicini: far spostare l'impianto di un enorme palo elettrico sul terreno del vicino, che costringe gli operai a sradicare una quercia secolare, o comprare a prezzo stracciato il terreno del vicino dopo aver saputo che la banca gli ha negato un finanziamento irrinunciabile, divengono azioni che solo ora turbano il contadino e lo portano, per la prima volta, a fare i conti con una coscienza che ora non perdona né ammette intransigenze. Secondo capitolo di una trilogia incentrata sui doveri e sul senso di responsabilità, ovvero sull'impegno, Commitment Hasan ci conduce da spettatori in mezzo ai campi e alle problematiche gestionali che la coltivazione della terra rende impellenti; dilemmi concreti che lasciano stavolta il passo alle remore morali e a quel senso di giustizia e di coscienza che spesso e per fortuna inizia a presentarsi dinanzi alle scelte che la maturità e l'esperienza richiamano a sé.
Ma Kaplanoglu ci immerge anche a capofitto nella natura rigogliosa e solenne di una Turchia senza troppi scrupoli, se non tardivi e legati alla coscienza.
Splendida fotografia, e qualche velo di retorica un po' calcato, al servizio di una storia di maturazione della propria sensibilità e dignità di uomo, che non ha età precise, ma si manifesta generalmente con l'avvio inesorabile della maturità, che rende più vicino il momento in cui l'individuo sente ormai giunta l'ora di una resa dei conti, dovendo rispondere alla propria coscienza, al proprio dio, o a un senso di responsabilità che diventa un richiamo assordante ed ineludibile.
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