Regia di Todd Haynes vedi scheda film
Nella New York di inizio anni Sessanta, tra artisti e artistoidi, ventate di novità, voglia di rivoluzione e qualche droga di supporto, nascono tantissime band innovative per la storia del rock. Tra queste i Velvet Underground, dall'unione di un autoproclamato poeta maledetto come Lou Reed e di un musicista smanioso di lasciare il segno quale John Cale. Sullo sfondo c'è la Factory di Andy Warhol e l'arrivo di una vocalist dalla spiccata personalità come Nico completa il quadro.
La storia dei Velvet underground è messa in scena in queste due ore di documentario da un regista esperto di pellicole musicali: Todd Haynes, che cura anche i crediti di scrittura del lavoro. La confezione è elegante, ben fatta, coinvolgente; il ritmo sufficiente (non trascinante a dire la verità, con qualche rivolo narrativo forse evitabile) e il lavoro è impreziosito dalla partecipazione di John Cale e Maureen Tucker, ovverosia gli unici due membri storici della band ancora viventi nel 2021. L'incontro tra Cale e Lou Reed, la potente influenza dell'eminenza grigia Andy Warhol, la rapida parabola di Nico, il ruolo di Angus MacLise (primo batterista) e di Sterling Morrison (chitarrista): The Velvet underground non tradisce le aspettative e racconta l'epopea di una band sopra le righe da molti ancora oggi considerata un punto di riferimento nell'Olimpo del rock. Accanto a una vasta serie di interessantissimi filmati di repertorio (in cui compaiono i membri non più in vita del gruppo, ma anche Andy Warhol e altri ispiratori del progetto come John Cage o Allen Ginsberg) troviamo alcune interviste con i protagonisti già citati e alcuni commentatori d'eccezione, tra cui si possono ricordare Jackson Browne, La Monte Young e John Waters. 6/10.
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