Regia di Juho Kuosmanen vedi scheda film
Film di un'intensità rara, dove in una ristrettezza di visione quasi asfissiante (tre quarti delle scene fondamentali avvengono all'interno di un piccolo scompartimento in legno su un treno a lunga percorrenza in Russia) il regista e gli attori riescono a far esplodere la potenza di una relazione, nei silenzi, negli sguardi, nelle attese, nel duello costante che è la tensione tra i due protagonisti per tutto il film. Il finale, per quanto appagante emotivamente, è forse leggermente scontato, mentre la costruzione dei personaggi - due attori straordinari, con volti, voci e gesti credibili, schietti - è interessantissima, a partire dai dettagli, come l'alimentazione di lui (mandarini, vodka, cetrioli sott'aceto) e la fissazione per queste incisioni rupestri di lei, fissazione ereditata e rimasta ormai una scusa simbolica, ma che diventa un graal, dove la parola "petroglifi" tiene unito il viaggio e appare come un sintomo - a volte della distanza fra i due, a volte dei pensieri di lei, a volte del dolore del mondo - continuamente riaffiorante durante le riprese. Fra le sequenza, particolarmente riuscita quella della pausa nella piccola e povera casa di una signora russa. Qualsiasi parola sarebbe uno spoiler, per cui non la descrivo, ma la tensione con cui si arriva e ci si allontana dalla scena è veramente ben fatta. È un grand'inno all'incontro e alle relazioni, e sono inni che servono
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