Regia di Juho Kuosmanen vedi scheda film
Una delle maggiori sorprese del 2021 questo pregevole "Scompartimento n.6" del finlandese Juho Kuosmanen, qui alla sua opera seconda, con un insolito Road movie che aggiorna la formula del "Breve incontro" alla Lean e del film sentimentale in genere ad atmosfere più crepuscolari, dove il disegno psicologico dei protagonisti torna ad avere grandissima evidenza. La studentessa finlandese di archeologia Laura parte da Mosca, dove era legata sentimentalmente ad una donna di nome Irina, che sembra curarsi poco di lei, incontrando sul treno un minatore di nome Ljoha, con cui è costretta a condividere lo scompartimento, che sulle prime sembra crearle quasi repulsione, ma che piano piano la corteggia in maniera sempre più serrata, aiutandola nel suo percorso per assistere ad incisioni rupestri chiamate "I Petroglifi" nella città di Murmansk, e forse creando una breccia nel suo cuore che l'aiuterà a risollevarsi dalla delusione provata per il comportamento freddo di Irina. Il film, che è stato presentato alla competizione per gli Oscar sotto bandiera finlandese, in realtà è quasi tutto recitato in russo e della Russia ci dà un'immagine poco idealizzata nella sua ambientazione nel 1998, senza celare la povertà materiale e l'arretratezza che caratterizzavano la federazione sovietica negli anni appena successivi al crollo del Comunismo. Si tratta di una pellicola che si prende i suoi tempi, che non teme di apparire "old-fashioned", ossia piuttosto desueta nelle sue scelte espressive, non a caso girata in pellicola Kodak 35 mm, ma fortunatamente il film di Kuosmanen ha avuto un insperato, per quanto relativo successo e distribuzione internazionale, dopo aver vinto il Grand Prix a Cannes ex-aequo con "Un eroe" di Asghar Farhadi. E' un film che trae la sua forza e linfa vitale dal ritratto di Laura e Ljoha, benissimo interpretati da Seidi Haarla e Yuriy Borisov, dalle loro fragilità e insicurezze, dall'aria sbruffona e volgare del russo e dall'estrema indecisione affettiva della donna; Kuosmanen riesce a rivitalizzare uno schema narrativo che in fondo risulta ormai logoro e per nulla originale con tanti piccoli tocchi di regia e una fotografia di J-P Passi che gioca con intelligenza sul contrasto fra colori freddi prevalenti e tinte più calde in alcuni significativi momenti. Forse non un capolavoro, ma in fondo chi se ne frega se il cinema torna con opere come questa a parlare un linguaggio di sentimenti che gli consente di essere compreso a diverse latitudini senza l'invadenza e l'oppressione coloniale dei cinecomics e senza la sciatteria della più moderna commedia romantica made in USA.
Voto 8/10
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