Regia di Juho Kuosmanen vedi scheda film
Gran premio della giuria a Cannes quest’anno, la gran bella sorpresa del regista finlandese Juho Kuosmanen.
Questo film ha un cuore antico: un tournage in pellicola; un ambiente storico fin de siècle – fine ‘900 – ; un incontro un po’ strano fra un uomo di nome Ljoha (l’attore russo Yuriy Borisov – grandissimo interprete) e una donna di nome Laura (magnifica l'attrice finlandese Seidi Haarla) che viaggiano su un treno, capitati per caso, nello stesso scompartimento n.6, entrambi da Mosca diretti a Murmansk, oltre il circolo polare artico.
Siamo nella Russia post-sovietica degli anni ’80: l’impero si era dissolto, Mosca era diventata una città ricca di fermenti culturali. Intellettuali curiosi arrivavano dai paesi limitrofi, accolti da altri intellettuali nei salotti della capitale, dove si entrava con l’impressione di far parte di quell’universo esaltante, in cui si discuteva del futuro – e del passato – , delle nuove correnti artistiche – e delle vecchie – , delle cose da buttar via – e di quelle da conservare – … ovvero del tutto, in una realtà che appare una pagina vuota da riempire di idee e creatività, ma in cui non si fa nulla e gli incontri diventano un modo come un altro per passare il tempo in compagnia, fra chiacchiere più o meno serie e pettegolezzi.
Laura, arrivata dalla Finlandia, era una giovane archeologa alla quale la moscovita Irina aveva insegnato un po’di russo, promettendole amore, con capricciosa volubilità, cosicché si era trovata su quel treno da sola, dopo aver prenotato il viaggio per tutte e due: a Murmansk avrebbe cercato le tracce, incise su pietra (i petroglifi), da antichi popoli preistorici.
Ljoha, giovane tecnico disoccupato, era in cerca non solo di lavoro, ma di promozione sociale: a Murmansk avrebbe cercato di sistemarsi in miniera dove si estraevano terrre rare, che, con le dovute conoscenze - lui le aveva - era possibile trasformare in vista del loro utilizzo industriale
La diversità dell’educazione, della cultura e delle aspirazioni dei due giovani viaggiatori rende molto difficile la condivisione degli angusti spazi dello scompartimento n.6, su quel treno spartano, con pochi confort, dove quasi tutto è affidato all’individuale senso della misura, indispensabile per il protrarsi del percorso per giorni e giorni.
Siamo in una Russia sempre più gelida, dove le tempeste di nevischio non permettono di distinguere, nel Nord oltre la Siberia, le case e gli agglomerati e dove la solitudine si fa vieppiù terribile e la disperazione fa crollare, un po’ alla volta le difese di ciascuno, e induce talvolta a ritrovare la profonda verità di sé per decidere se accettarla o no.
Qualche rara sosta, qualche inaspettata apparizione, qualche sorpresa aiutano a comprendere se stessi e gli altri, a tollerare le intemperanze sgradevoli, a sopportare le sgradevolezze materiali della forzata promiscuità e a favorire la liberazione di sé, a incontrare profondamente il proprio cuore e quello dei compagni di viaggio, nonché a cercare le aggressioni e le lotte che preparano i corpi agli abbracci e ai baci liberatori.
Storia d’amore a lieto fine? Il film non ce lo dice, senza escludere alcunché.
La pellicola è dura, e, anche se girata con estrema leggerezza e con misuratissima attenzione, è il racconto della vita nella sua fondamentale verità, fatta di dolore, lacrime, disperazione e di qualche squarcio luminoso: un viaggio lunghissimo in cui le illusioni sono momentanee o mendaci e ogni lieto fine è fuori luogo.
Digitalizzato per la distribuzione, per ora il film, tra i più belli visti quest’anno, è visibile rigorosamente in sala, solo in lingua italiana, con qualche espressione finlandese sottotitolata.
Chi ama il bel cinema non lo perda!
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