Regia di Ryûsuke Hamaguchi vedi scheda film
Conoscere l'opera dello scrittore russo Anton Pavlovic Chekov aiuterebbe ad apprezzare "Drive my car" del giapponese Hamaguchi Ryusuke che, presentato in concorso nell'insolita edizione estiva del Festival di Cannes, ha intascato il premio per la miglior sceneggiatura. E, in effetti, al netto dei giudizi sulla qualità del film, sempre difficili da considerare come assoluti, il premio sembra meritato perché l'opera del regista giapponese si avvale di un soggetto intrigante e originale in grado di fondere la letteratura con il cinema. Tratto dal libro "Uomini senza donne" dello scrittore nipponico Murakami Haruki, del quale adatta uno dei sette racconti, "Drive my car" racconta di Kafuku Yusuke, attore e regista che, a discapito della sua origine, è uno dei maggiori esperti dell'opera del drammaturgo russo. La sua preparazione e la sua fama è tale che viene invitato a presiedere una giuria nella gelida Vladivostok dove si celebra la figura dello scrittore tramite un concorso teatrale. Sposato alla bella Oto, che produce serie di basso spessore per la televisione giapponese, scopre di esser stato rimpiazzato da un giovane attore televisivo.
Organizzato come un'opera teatrale "Drive my car" è diviso in due atti separati dal sipario aperto e chiuso su Vladivostok che mette fine alla prima parte dell'esistenza del maestro Kafuku per dar vita ad una seconda ancora tutta da scrivere in cui l'elemento comune rimane Chekov. Ritroviamo, infatti, il protagonista a distanza di due anni alle prese con la trasposizione teatrale di "Zio Vanja", nella città di Hiroshima ove si impegna a dirigere non volendo più recitare la parte del vecchio protagonista. Lì incontra, nuovamente, il giovane amante della consorte, al quale affida la parte di Vanja.
Per volontà della direzione del Festival Yusuke viene scarrozzato da una giovane autista, la taciturna Misaki. La comune diffidenza respinge ed unisce gli ospiti della Saab rossa mentre percorre ogni giorno la strada che unisce l'isola rifugio di Yusuke e la fondazione dove si sta preparando lo spettacolo. Attraverso un ponte che unisce non solo lembi di terra separati dal mare ma le stesse persone che ne condividono l'abitacolo, la vecchia auto svedese unisce i protagonisti del viaggio diventando essa stessa teatro. Tra le sue sfavillanti lamiere rosse
i passeggeri riportano in luce dolori, rimorsi e comuni insicurezze. E qui entra in gioco il dramma di Chekov che il Bignami della letteratura, corso in mio aiuto, classifica come l'impietoso ritratto di una vita di rimpianti e miserie. Di decisioni sbagliate e rimpianti ne hanno da vendere sia Yusuke, che si tormenta per la fine della propria storia d'amore, sia Misaki che si colpevolizza, eccessivamente, per la sventura che ha colpito la propria famiglia.
Il film gioca con il teatro che supera i confini del palcoscenico sia metaforicamente sia fisicamente, promuovendo i protagonisti del film ad interpreti del proprio dramma, mentre gli spazi più inusuali (dall'auto al giardino dove recitano Sonja ed Elena) si costituiscono ribalta della vita reale. Non manca di sedurre la formula artistica di Kafuku che somma versi in cinese, koreano, tagalog alla gestualità corporea travalicando il senso della parola e producendo fasci di emozioni che si irradiano per scuotere gli animi più diversi per cultura e provenienza, compreso quello del protagonista che si riscopre nuovamente attore per curare se stesso.
Per gli studiosi di Chekov, i lettori di Murakami e gli estimatori di Hamaguchi "Drive my car" è un film da non perdere assolutamente. Per tutti gli altri è facile prevedere un minor entusiasmo. In un film volutamente arido nella rappresentazione dei sentimenti, dove il sesso è coinvolgente solo se abbinato alla favella e il distacco interpersonale è una prassi culturale, la tenera parentesi sulle macerie innevate della dimora di Misaki lascia perplessi per l'impudica messa in scena dei sentimenti. Alcune digressioni sono superflue: la parentesi sulla malattia di Yusuke come la sequenza che esplica la fine del giovane rivale in amore. Lo scambio di opinioni su Oto, tra il regista ed il giovane interprete di Vanja è esasperante quanto la lunghezza del viaggio in automobile. Le tre ore di "Drive My Car" basterebbero alla nuova e non più tormentata Misaki per spostarsi da Roma a Firenze con la "sua nuova" Saab ma volendo citare i versi di una canzone: "l'ultima ora sembrava un treno... Catania - Trieste"*.
Cinema Teatro Santo Spirito - Ferrara
*Carmen Consoli, Volevo fare la rockstar
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