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Drive My Car

Regia di Ryûsuke Hamaguchi vedi scheda film

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La recensione su Drive My Car

di steno79
10 stelle

Una delle maggiori sorprese dell'anno questo "Drive my car", apprezzatissimo dalla critica internazionale a Cannes 2021 dove avrebbe probabilmente meritato la palma d'oro e si è dovuto accontentare del premio per la migliore sceneggiatura. Il film ha imposto il nome di Ryusuke Hamaguchi, regista giapponese che pochi mesi prima aveva presentato a Berlino "La ruota della fortuna e della fantasia", ma che molti cinefili nostrani me compreso sicuramente ignoravano del tutto. Si tratta di un film-sfida per lo spettatore, tre ore di cinema senza dubbio impegnative ispirate ad un breve racconto di Murakami contenuto nella raccolta "Uomini senza donne", una pellicola che rientra nel genere della metafiction perché qui si assiste ad una riflessione approfondita sulla creazione artistica in ambito teatrale, con una compagnia guidata dal protagonista come regista che deve mettere in scena "Zio Vanja" e un fitto gioco di rimandi fra la pièce di Cechov e le situazioni sperimentate dai personaggi principali. Oltre alla sofferenza collegata all'immedesimarsi in personaggi divorati dall'angoscia qui abbiamo una ricognizione sul male di vivere quando si perde la persona amata: a livello tematico il film è particolarmente ricco e stimolante, ma anche a livello formale il regista sa imporre una visione dilatata su tempi lunghissimi e pieni di dialoghi spesso non facili da seguire, ma nonostante ciò il risultato finale è compatto e di forte spessore anche emotivo. È singolare come il testo di Cechov abbia offerto al cinema riletture azzardate e inedite come questa e "Vanja sulla 42ma strada" di Louis Malle; purtroppo è opportuno ricordare che se non si conosce la pièce, come io in effetti non conosco, si perdono molti riferimenti disseminati dal regista e non tutto risulta chiarissimo; aggiungerei che uno dei colpi di scena che precede la parte finale non mi è sembrato narrativamente del tutto giustificato, ma per il resto è un film costruito su una mise en scene coraggiosa nella sua dismisura, potente e affascinante nel risultato finale. Memorabili molte invenzioni narrative come il personaggio dell'attrice coreana che si esprime nella lingua dei segni e che interpreta il ruolo di Sonja; ottima la compagnia degli attori, volti per me inediti ma tutti di forte espressività fra cui spicca senza dubbio il protagonista Hidetoshi Nishijima. A quanto pare fedele alla pagina di Murakami, pur con una inevitabile reinvenzione filmica che ha conservato l'impronta fortemente letteraria del materiale di base senza nuocergli in densità e spessore. Un film elitario ma che almeno ha il coraggio delle proprie convinzioni e non arretra di fronte a soluzioni stilistiche che potrebbero apparire a prima vista antiquate, e che non gli hanno garantito il pieno successo a Cannes, mentre adesso si presenta agli Oscar con buone possibilità di ottenere almeno le nomination al film internazionale e alla sceneggiatura, anche se sarà difficile ripetere l'exploit di "Parasite"

Voto 10/10

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