Regia di Alberto Lattuada vedi scheda film
E' un interessante dramma, che poggia molto sulla sofferta interpretazione di Aldo Fabrizi, ancora lontano dai ruoli comici e da commedia. Essenzialmente, il film è forse uno studio sul personaggio di Giovanni Episcopo. E' una persona incapace di dire di no, di opporsi e di imporsi, è succube dei gradassi e anche in amore è incapace di tenere per le redini una donna troppo libertina. Quindi subisce, tacendo, una lunga serie di umiliazioni e di torti, forse nell'illusione che un giorno essi cessino e subentrino la tranquillità e la felicità. Ma la moglie gliene fa ogni giorno una più grossa, e anche il prepotente, temporaneamente allontanatosi, riappare all'improvviso più molesto di prima. Quindi la remissività del protagonista è sicuramente un comportamento sbagliato, anche per il motivo che il suo animo è in realtà una pentola a pressione con la valvola bloccata, foriera di gesti estremi...
Lattuada, con la sua consueta cattiveria, dà vita ad una serie di personaggi antipatici o addirittura odiosi, come il cinico Vanzer. Il protagonista si trova a loro coinvolto in parte per debolezza, ma in parte anche per sua scelta, perché è lui che decide di sposare una maliarda che non promette nulla di buono. Dall'altro lato, c'è la famiglia presso la quale abitava, quella sì buona gente, con una brava figlia per giunta innamorata di lui. Ma il discernimento e la fermezza non sono certo il forte del sig. Episcopo.
Il regista dirige bene questo dramma dolente e a tratti crudele per come ritrae ambienti e personaggi, senza però cadere nel cinismo. Sulla pellicola aleggia comunque quell'aria di dolore e tristezza che si percepisce in molte pellicole dell'immediato dopoguerra. Fabrizi, va però detto, ha anche il merito di evitare ogni degenerazione patetica del suo personaggio. Questa volta infine, le numerose mani che hanno scritto alla sceneggiatura non hanno nuociuto al risultato finale.
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