Regia di Mar Targarona vedi scheda film
Originale e audace thriller/horror. Parte molto bene, ma poi non decolla.
Platone, citando il mito di Aristofane, sosteneva che un tempo non esisteva distinzione tra uomini e donne, ma solo esseri completi e perfetti. Ma il Dio Zeus, invidioso di tale perfezione, decise di separarli, costringendoli a sottostare alla debolezza, quella che ci spinge a cercare la nostra anima gemella, la metà mancante che possa donarci l’antica perfezione di cui un tempo eravamo dotati. In questo thriller horror diretto da Mar Targarona, ciò è la premessa e lo spunto per la storia. Una donna, completamente nuda, si sveglia all’interno di una misteriosa camera, forse quella di un hotel. Lei non sa come abbia fatto a finire lì, in un letto, afflitta da una forte emicrania , quasi addosso a lei c'è uno sconosciuto, sono entrambi nudi. Quando la donna, Sara, tenta di alzarsi e quindi allontanarsi dall'uomo, ignaro quanto lei della situazione, un dolore terribile la immobilizza sul posto. Uno sguardo sotto le lenzuola che li copre, mette in luce una realtà tanto orribile quanto assurda: i loro addomi sono stati cuciti con dei rozzi punti di sutura. Sara e David superata la legittima diffidenza iniziale, si chiedono chi e perché li ha messi in quella macabra situazione, provano anche a divincolarsi procurandosi solo lancinante dolore. Nel frattempo tra sgomento e dolore, fanno conoscenza, svelandosi aspetti delle loro vite. Orfano lui, di mestiere gigolò e con un paio di matrimoni falliti alle spalle; commessa e fedifraga lei, con un marito gelosissimo e una vita apparentemente benestante. Ipotizzano che l’artefice di questo orrore possa essere Mario, il marito di Sara che sembra aver offerto una cifra notevole a David, affinché la seducesse. Si trovano in una stanza scura, in cui però sono visibili degli oggetti, una Bibbia e perfino una lasagna fumante che è il piatto preferito da entrambi e ancora due strani quadri identici appesi alla parete, oltre a una serie di opere di Francisco Goya; Sara e David spesso provano ad alzarsi simultaneamente, per espletare bisogni fisiologici ed esplorare l'ambiente, durante questi dolorosi “tête-à-tête”, incredibilmente ci scappa anche qualche bacio e ogni qualvolta ciò accade, le luci si spengono, così per irritare il rapitore e farlo uscire allo scoperto, spingono il “rendez-vous” amoroso fino all’amplesso e infatti costui a questo punto si fa vivo. E’un uomo somigliante al marito di Sara, ma non è lui. Stop alla sinossi per evitare spoiler. Dos è un audace prova registica e di sceneggiatura, una storia minimale claustrofobica e fortemente ansiogena, con una narrazione che si sviluppa, in un enigma da sviscerare, utilizzando un’unica location e un trio di personaggi: le due vittime e il carnefice e con un minutaggio risicatissimo. La sofferenza dei due protagonisti è palpabile, e gli attori sono credibili nei loro gemiti strazianti che accompagnano ogni movimento dei loro corpi uniti. Ci si concede anche un piccolo gioco investigativo, dato che il contesto offre piccoli indizi. Tutto nella stanza riconduce al numero 2 ed è proprio su questo spunto che la regia costruisce la storia; è un numero primo, è oggetto di studio di molte dottrine filosofiche, elemento affascinante dai tanti significati in ogni dottrina e la dualità è un aspetto da sempre intrigante e misterioso. Uomo e donna, anima e corpo, bene e male, notte e giorno, Yin e yang. Con queste premesse intriganti e una regia che, inizialmente, riesce a mantenere la suspence, il film parte bene e promette tanto, ma purtroppo poi non decolla e naufraga in un oceano di banalità. La sceneggiatura è mediocre, pregna di dialoghi spesso vuoti o ridicoli e ci sono dinamiche forzate e irrealistiche. La soluzione lascia il tempo che trova e finisce per sconfinare in spiegazioni pseudo-filosofiche retoriche e poco sensate. Il finale è un trip venuto male
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