Regia di Steven Soderbergh vedi scheda film
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In una società contemporanea soggiogata dalla pandemia da Covid 19, una spregiudicata società di prodotti tecnologici, cerca di lanciare in grande stile il proprio innovativo prodotto conosciuto come "Kimi", un software interattivo ed intelligente in grado di esaudire molte richieste del suo proprietario grazie ad interventi di personale "umano", che aiuta ad interpretare le richieste più svariate degli utenti del prodotto. tutto ciò in un contesto domestico-lavorativo in cui l'individuo è costretto, per forza maggiore, o magari anche per scelta, a condurre una vita in isolamento, ma proprio grazie a questo innovativo prodotto di fatto ancor più connesso alla società che lo circonda.
Incaricata di far parte di quella task force umana impegnata ad integrare le funzionalità del rivoluzionario apparecchio offrendogli quella umanità di cui sarebbe inesorabilmente esente la macchina in quanto tale, la bella e solitaria Angela Childs, donna affetta da una forte forma di agorafobia maturata a seguito di una brutta aggressione, intercetta una registrazione di un apparecchio in cui si consuma quello che, a tutta apparenza, pare una violenta aggressione che si è probabilmente conclusa con un omicidio. La vittima, tra l'altro, risulta essere una persona assai vicina all'amministratore delegato stesso della società per cui lavora Angela.
Da quel momento per la donna, che vive reclusa nel suo spazioso loft e si è prefissata di uscire di casa solo per casi di estrema necessità, la decisione di denunciare l'ipotetico cruento accaduto alle autorità in qualità di testimone di quella ipotetica aggressione, inizia una movimentata corsa per la sopravvivenza, essendosi ella involontariamente tramutata in uno scomodo testimone che ora i vertici stessi della sua azienda tentano di zittire definitivamente.
Da uno script ineccepibile a cura dell'abile sceneggiatore David Koepp (qui anche nelle vesti di produttore), Steven Soderberg dirige con mano sicura, ma anche con un incedere un po' di routine, un thriller tecnologico che se da un lato rispetta in modo impeccabile tutti i crismi di tensione sacrosanti ed inevitabili nel genere, dall'altro si dimostra - ancora una volta col cinema dell'infaticabile cineasta americano - molto freddo, sin troppo calcolato, come se l'emozione a pelle venisse completamente a latitare, sostituita da una professionalità senza pari che finisce comunque per eliminare ogni coinvolgimento o pathos altrimenti auspicabili.
E pure un po' poco originale, prendendo spunto, se non si vogliono proprio citare maestri come Hitchcock o De Palma, almeno dal recente La donna alla finestra (di Joe Wright, quanto a protagonista agorafobica auto-reclusasi a convivere tra un universo di mura d'appartamento.
Ma anche il mondo esterno e sociale che finalmente accoglie la nostra protagonista Angela quando la sua missione etica la spinge ad agire, non appare molto dissimile ad un mondo digitale, a testimoniare come il mondo agli occhi del regista americano risulti come un palcoscenico ad uso e consumo di una umanità schiava di una perfezione tecnologica che comunica una freddezza che esula dalla vicenda in se stessa.
Nel cast, composto quasi totalmente da nomi poco noti (tra gli attori coinvolti figura pure la signora Hawks, Rita Wilson, in una parte poco più rilevante che un cameo), domina la scena una tenace Zoe Kravitz (è la figlia del noto cantante Lenny e dell'attrice Lisa Bonet) dalla chioma cerulea e dalla spiccata propensione ad una clausura volontaria tutto sommato suffragata da molti confort, anzi forse così sofisticati da metterla nei guai seri.
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