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Regia di Alex Garland vedi scheda film

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La recensione su Men

di pomodosius
7 stelle

UN FILM CHE GIOCA CON I GENERI, PARTE IN MODO LENTO E FINISCE SPIAZZANDO IL PUBBLICO. PARLA DELLA MASCOLINITÀ TOSSICA AFFASCINANDO E SI DIVERTE AD ESSERE DISTURBANTE

Alex Garland è passato all'horror e l'ha fatto nella maniera meno convenzionale possibile. Inoltre ha trattato il femminismo in maniera originale, il che non è semplice nel 2022, dato che si tratta di uno dei temi più in voga nel cinema moderno.

Il film inizia prendendosi tutto il tempo di cui ha bisogno per caratterizzare la protagonista e il trauma che la affligge. Sembra un incipit come gli altri, non ha niente che possa far pensare a un horror, e questo vale anche per la narrazione, che è sia drammatica sia ironica in alcuni punti. Nella prima parte il pubblico si abitua ai dialoghi e agli ambienti, mentre le situazioni in scena diventano sempre più strane man mano che si procede. Per i sessanta minuti iniziali tutto è raccontato in maniera "normale", ossia il film ti mette davanti a dei problemi che vengono affrontati in maniera razionale e comprensibile; la protagonista risolve le difficoltà come farebbe ognuno di noi se si trovasse nella sua situazione. Poi, nel cinema in cui mi trovavo, parte la pausa centrale di cinque minuti. Bene, dopo cambia ogni cosa, o quasi: la sobrietà precedente, se così la si vuole definire, crolla; Garland cambia stile registico in parte, ossia mantiene il carattere e le reazioni del personaggio principale, ma inizia a dirigere in maniera brutale e travolgente: il dramma si sostituisce all'horror puro, il trauma diventa incubo, ciò che era strano nella prima parte diviene pericoloso. E quello che all'inizio era stato ripreso in un modo, adesso viene inquadrato in un altro più viscerale e talvolta più splatter. Chi era uscito dalla sala nella prima ora perché trovava il film troppo lento, ora esce perché lo trova scioccante. Eppure questo cambio avviene attraverso piccoli dettagli disseminati nelle reazioni dei personaggi o nella scelta della colonna sonora: lo spettatore lo percepisce diretto e istantaneo, in realtà il regista comunica già dall'inizio che il film precipiterà e si trasformerà. In un susseguirsi di WTF continui si arriva al finale, a una sequenza particolarmente estrema, che ricorda Cronenberg del periodo d'oro: è a quel punto che capisci di trovarti di fronte a un horror diverso dagli altri, a cui non interessa tanto l'azione, quanto stupire con i suoi simbolismi e significati da decifrare, che si diverte ad essere complesso e fastidioso, ma che tenta di stupire con una messa in scena strabiliante: una fotografia alienante sul rosso intervallata da scene da color palette sul nero e sul blu: la luce naturale della prima parte, con colori tendenti al verde dei boschi e degli alberi, diventa artificiale (l'illuminazione dei lampioni e della casa) e a tratti inesistente. E infine la luce naturale prevale di nuovo nell'ultima scena, quasi a significare che tutto ricomincia da capo o che le cose non sono tanto cambiate dall'inizio. Il finale, se capito, è la consapevolezza che le donne spesso non riescono a ribellarsi, rispettano il ruolo che l'uomo (maschio) ha deciso per loro: niente di più inquietante!

Ebbene, non si tratta di capolavoro: quello che è mostrato sullo schermo si è già visto più volte con variazioni diverse in decine di film, ma è interessante come viene trattato il tema, come la mascolinità risulti tossica sul serio, come gli uomini (maschi) siano simili (se non uguali) in certe cose, che spesso si comportano in maniera primitiva: meglio fermarsi per evitare spoiler inutili. È uno dei migliori horror dell'anno, ma si era già capito prima che uscisse, visto che le recensioni in anteprima erano molto discordanti: infatti quando un film divide così tanto, vuol dire che è speciale (un po' come "The lighthouse" di Eggers, per intenderci). 

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