Regia di Samira Makhmalbaf vedi scheda film
Al di là del film in sé, della furbizia della Makhmalbaf e di qualche piccola incongruenza, dovuta soprattutto ad un eccesso di metafore, si deve apprezzare un'opera come Lavagne anche come documento su un popolo che sembra composto soprattutto di vecchi e di ragazzini e che non pare avere case, città, in definitiva una patria. Gli anziani vagano per le montagne del Kurdistan, a cavallo tra Iran e Iraq, fuggendo da invisibili e inquietanti (non meno che in un racconto di Kafka) guardie di frontiera. I ragazzi, ugualmente, devono muoversi veloci tra i sentieri pietrosi, carichi come bestie da soma, essendo sfruttati come contrabbandieri.
Quella descritta da Samira Makhmalbaf è un'umanità talmente disperata da non sapere nemmeno di esserlo, così povera da possedere soltanto i propri stracci e un sacchetto di noci, le quali costituiscono al tempo stesso cibo e svago per questa povera gente.
Il titolo rimanda agli strumenti di lavoro dei maestri elementari, che vorrebbero guadagnarsi da vivere insegnando a leggere e a scrivere a una umanità che ha esigenze assai primarie, tanto da spingere lo spettatore a chiedersi se sia necessario sostentarsi per potersi istruire oppure se imparare a leggere, a scrivere e a far di conto sia essenziale per evitare una vita grama come quella cui è costretto il rassegnato popolo di Lavagne.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta