Regia di Samira Makhmalbaf vedi scheda film
Secondo film della ventenne Samira Makhmalbaf, figlia del regista Mohsen, già esordiente con il premiato “La mela”. Aride montagne del Kurdistan iraniano, al confine con l’Iraq. Un gruppo di maestri di scuola si arrampica su per i sentieri. Sulle spalle si portano ciascuno la propria lavagna. Sono disoccupati e vanno alla ricerca di allievi in qualche sperduto villaggio. Il rumore di un elicottero. Tutti cercano di nascondersi, si disperdono. Restano due maestri: uno incontra dei ragazzi contrabbandieri, piegati dai loro carichi; l’altro si unisce a dei vecchi curdi, carichi d’anni, che cercano di tornare al villaggio bombardato. Paesaggio aspro, storie crudeli, volti scavati, paesi e lingue perdute. I curdi non hanno una patria e nessun maestro sa leggere una lettera scritta da un figlio lontano e prigioniero. Un nobile film dalle immagini forti (e accattivanti?), schiacciato come i suoi personaggi dalle troppe metafore.
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