Regia di Kim Jong-kwan vedi scheda film
Uno studente lavoratore piuttosto avvezzo a frequentare belle donne più mature, si imbatte in una donna paraplegica, che aiuta in un momento di difficoltà. A quell'incontro ne seguiranno altri in cui il ragazzo imparerà a rendersi utile, ricevendo in cambio un pasto caldo dalla donna, che vive assieme a una nonna adottiva in una casa umile di un sobborgo cittadino. Quella tra il giovane e la donna - che si farà chiamare Josée, con riferimento al romanzo di Francoise Sagan Le piace Brahms? - si trasformerà in una storia d'amore romantica e passionale che, per quanto tutt'altro che definitiva, aiuterà entrambi a migliorare e a trovare più solide giustificazioni alle relative, apparentemente fatue o inutili esistenze.
Josée, del regista coreano Kim Jong-kwan prescelto per aprire il festival fiorentino interamente dedicato al cinema coreano, è il terzo adattamento del racconto giapponese datato 1984 dal titolo originale "Josée, the tiger and the fish" di Seiko Tanabe, dopo la pellicola giapponese omonima del 2003 direta da Isshin Inudo, e dopo il recente anime giapponese del 2020 di Kotaro Tamura.
Questa rivisitazione coreana punta in modo particolare sul lato romantico ed intimo che si crea tra i due "innamorati per caso", senza peraltro eccedere mai in sentimentalismi opportunistici e ruffiani, puntando in particolare sulle abissali divergenze che contraddistinguono i due amanti.
Il regista cura molto il dettaglio scenografico, alternando belle vedute di quartiere agli interni semplici e colmi di dettagli in cui si sviluppa il mondo della protagonista, assai abile dietro ai fornelli nonostante l'handicap che la attanaglia. Un insieme di dettagli che nascono dall'idea di un riciclo che diviene la forma principale di sostentamento della protagonista e della donna anziana che da sempre la accoglie come una figli o una nipote.
Un film incentrato sul sentimento di una attrazione che si crea per gradi fino a diventare un valore assoluto, in grado di migliorare entrambi gli amanti, frustrati fino a quel momento ognuno dai propri crucci o dai propri vitali problemi esistenziali.
Un finale inaspettato e postergato di cinque anni irrompe improvvisamente rivelando quanto i propositi anche più saldi possano naufragare dinanzi alla indefinita impenetrabilità di un futuro spesso troppo insidioso ed incerto.
Lo stacco appare narrativamente un po' troppo netto, improvviso, con tutte le incognite che la nuova situazione si trascina dietro, ma non così stordente da compromettere la validità di una pellicola più che dignitosa, in grado di catapultare lo spettatore addentro all'intimità tutt'altro che scontata od edulcorata di una storia d'amore tutto fuorché banale .
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