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Il delitto del signor Lange

Regia di Jean Renoir vedi scheda film

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La recensione su Il delitto del signor Lange

di Antisistema
7 stelle

Stranamente i grandi registi si collocano sempre nel lato progressista-sinistra, mentre a destra si contano sulle dita di una mano i cineasti che sostengono tale ideologia, di fede anarchica ne conosco pochissimi e post-ideologico nessuno vuol dichiararsi. Jean Renoir non fa eccezione a tale assunto, tanto che nella sua filmografia si scorge un'analisi severa della classe borghese del proprio tempo e questo Delitto del Signor Lange (1935), risulta essere tra le pellicole più politiche ed esplicite del regista francese verso posizioni di sinistra, d'altronde il film si colloca nel pieno della stagione del Fronte popolare, con cui la Francia sarà insieme ai paesi scandinavi, un paese all'avanguardia nel mondo nel campo dei diritti sociali, giungendo addirittura alla fine degli anni 30' ad essere il primo stato al mondo ad imporre per legge le ferie retribuite ai lavoratori, peccato che con lo scoppio della seconda guerra mondiale, tale legge non conoscerà applicazione concreta estensiva fino al dopoguerra.

 

Costruito tramite un lungo racconto flashback da parte di Valentine Cardes (Florelle), la quale fermatasi in una locanda con l'intenzione di pernottare, narra la storia del suo compagno di viaggio Lange, accusato di omicidio per spiegare i reali motivi. L'incipit narrativo risulta essere originale per l'epoca, così come lo sviluppo narrativo è corale, anche se a differenza della Regola del Gioco (1939), i personaggi secondari ed alcuni primari non sono così interessanti da giustificare tale tipo di narrazione che il regista vorrebbe asservire alle sue idee riguardanti l'uso della cooperativa come modello aziendale che pone al centro il benessere dei soci (che coincidono con i dipendenti qui) e non il mero scopo di lucro perseguito in precedenza dal precedente proprietario Batala (Jules Berry), il quale per sfuggire ai debiti, scappa via lasciabdo la casa editrice in balia di sé stessa.

All'epoca la cooperativa era visto come un'organizzazione aziendale di "sinistra", mentre oggi è accettata e regolata anche nell'odierna società capitalista.

 

Il film di chiara matrice teatrale, paga pegno dell'unica location adoperata per quasi tutta la narrazione che si svolge nell'edificio della casa editrice, accentuando troppo la teatralità dell'opera, da cui Renoir tenta di smarcarsi dando più dinamismo con i movimenti di macchina, aggirandosi in orizzontale ed in verticale per le stanze della casa editrice, così come qua e là affiora sporadicamente la profondità di campo, ma sono vezzi stilistici molto rudimentali che saranno sfruttati al meglio dal regista nella Regola del Gioco, di cui questo film sembra essere da un certo punto di vista la prova generale più marcata. Anche alcuni movimenti di macchina come questo a 360° nelle battute finali fuori l'edificio della casa editrice, molto lodati all'epoca, visti oggi sono eccessivamente rudimentali nell'esecuzione e troppo visibili nel mostrare il virtuosismo a scapito della situazione narrata, poiché la vera regia deve essere "invisibile" nel suo dispiegarsi e non palesarsi con movimenti di macchina che fanno sbalzare lo spettatore al di fuori della narrazione.

Una pellicola progressista e molto diretta sul rapporto dipendenti-padroni, schematica certo, Batala d'altronde è ritratto come una patetica caricatura del padrone, ma le esigenze politiche hanno preso il sopravvento, quindi prendere o lasciare e visto comunque l'assenza di una riprovazione morale da parte del regista verso il signor Lange, a differenza dei coevi film americani verso la figura dell'assassino, questo buon film si può alla fine prendere e vedere.

 

locandina

Il delitto del signor Lange (1935): locandina

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