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Non drammatizziamo... è solo questione di corna

Regia di François Truffaut vedi scheda film

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La recensione su Non drammatizziamo... è solo questione di corna

di degoffro
8 stelle

Antoine e Christine Doinel, giovani coniugi in attesa del primo figlio, conducono un'esistenza modesta e tranquilla. Lei dà ripetizioni di violino a casa, lui si occupa di spruzzare di vernice i fiori finti. Sono felici di essere sposati (Christine, nell'incipit del film, a tutti quelli che la salutano come signorina, sottolinea con entusiasmo di essere signora) ed insieme non si annoiano mai. Quando però Antoine incontra la fascinosa e sensuale Kyoko cominciano i guai. Si ritarda a tornare a casa con la scusa del lavoro, si diventa evasivi e freddi, facilmente irascibili e suscettibili. E saranno proprio dei fiori finti (vera passione di Antoine oltre al desiderio di scrivere un romanzo sulle sue esperienze vissute, quasi a voler regolare i conti), apertisi d'improvviso a casa di Christine, e contenenti biglietti con scritta l'inequivocabile frase "Io mi chiamo Kyoko e amo Antoine" a far scatenare un putiferio. Christine decide di cacciare di casa il marito ("Non è stato un tradimento, ma qualcosa di più grave: mi hai tolto la fiducia, mi hai distrutto la vita: ora non crederò più a niente") e sostituisce la sua foto con quella di Rudolf Nureyev, ballerino per il quale nutre un'autentica adorazione. Antoine è invece costretto ad andare a vivere in hotel, si adatta a cene giapponesi in ginocchio, dove la difficoltà maggiore è riuscire a mettere le gambe sotto il tavolo, si deve riorganizzare la vita, raccontandosi, senza troppa convinzione, che si ama la solitudine. Eppure il vero amore non si dimentica: le piccole cose che fanno bene ad una coppia come il fatto che lui tiri su abitualmente il naso, oppure che lei non sappia tenere in mano un sigaretta, mancano!!! "Le persone di valore sono come oggetti belli: sono quelli che perdi o ti portano via", dice ad un certo punto ad Antoine Lucien, il patrigno di Christine. "Sei la mia sorellina, mia figlia, mia madre" dice Antoine a Christine e lei, che lo aveva conosciuto ancora vergine a 20 anni, rischiando di diventare per questo "un fenomeno da baraccone" prontamente risponde: "Avrei voluto essere semplicemente la tua donna". Ma Antoine, pur essendo notoriamente un fannullone non desiste e non si arrende perché "odio tutto quello che finisce, che ha termine, che muore". Resosi conto che la relazione con Kyoko è destinata ad un vicolo cieco tartassa di telefonate la moglie, anche durante le cene tediosissime e lunghissime con l'amante. E quel biglietto con scritto "Va te faire foudre" che Kyoko, l'ultima sera che esce con lui, gli lascia sul tavolo, profondamente infastidita dalle sue continue assenze per ingiustificate e misteriose telefonate, non poteva essere più liberatorio e gradito. Truffaut si e ci diverte con una commedia spesso spigliata e brillante, a volte lenta e macchinosa, forse ripetitiva e non sempre ispirata, ma comunque specchio fedele e racconto sincero e tenero, appassionato e malinconico, amaro e dolce, sensibile ed attuale di un uomo (Antoine) che "si avvia alla maturità, ma rimane adolescente con la sua incapacità di integrarsi nella società e di adattarsi alla mediocrità". Quarto capitolo della saga Doinel, iniziato con "I 400 colpi", ha un assurdo titolo italiano che banalizza una vicenda quotidiana e comune nella quale chiunque può facilmente identificarsi, raccontata da Truffaut con una leggerezza di tocco, una finezza di stile, uno spirito spavaldo e rilassato ed un'intelligenza davvero invidiabili.
Voto: 7

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