Regia di Sam Raimi vedi scheda film
Chissà se é un caso che proprio in questi giorni cade il ventesimo anniversario della proiezione di Spider-Man, prima produzione per il grande schermo del popolare personaggio dei Marvel Comics, diretto proprio da Sam Raimi, regista che aveva firmato la saga de La casa a cui sarebbero seguiti prima l’eccellente Spider-Man 2 e poi il criticatissmo Spider-Man 3, ancora nel lontano 2007.
Poi di cinema Raimi ne avrebbe fatto poco, l’ottimo Drag Me to Hell (2009) e il mediocre Il Grande e Potente Oz (2013), lavorando soprattutto come produttore o per il piccolo schermo con la serie Ash Vs, Evil Dead, seguito proprio della sua pellicola di esordio.
Di fatto l’ultima pellicola dei Marvel Studios segna il suo ritorno al cinema dopo quasi dieci anni e, spazziamo subito via ogni dubbio, Doctor Strange e il Multiverso della Follia é un film di Sam Raimi assolutamente al 100%..
Raimi é sempre stato un grande appassionato di fumetti e il modo in cui sfrutta la macchina da presa è influenzato proprio da questo medium, tra primi piani estremizzati, tagli rapidissimi e angoli olandesi sfruttati proprio per imitare il linguaggio (visivi) dei comics americani.
Il “nuovo” Doctor Strange sfrutta tali capacità per farne un film vecchio stile, quasi artigianale come impostazione (specie nella seconda parte) e che si riappropria di certe inflessioni (cinematografiche) date ormai per antiquate dandole quindi nuova vita ma portando anche la pellicola più vicina alle sue origini nel genere horror che non alla sua precedente trilogia supereroistica di Spider-Man.
E tutto questo significa anche exploitation, morti viventi, ironia macabra, profanazioni (e putrefazioni) corporali e un gusto, sempre goliardico, per l’orrido per un’opera stratificata e densa ma mai (narrativamente) problematica e capace di sovrapporsi al MCU ma rimanendovi sostanzialmente autonomo.
Questo senza disgregare o disconoscere pratiche e caratterizzazioni costruite dai Marvel Studios in questi ultimi anni ma piegandole invece alla propria visione, e sfruttando la sceneggiatura di Michael Waldron, recentemente autore, sempre per la Marvel, anche di Loki per Disney Plus, per infilare (ma mica tanto di soppiatto, poi) la sua stessa filmografia in una pellicola dei Marvel Studios (il film probabilmente ha più auto-citazioni del Raimiverse che del Marvelverse) a cominciare anche dalla colonna sonora per la quale é tornato a collaborare con Danny Elfman, il suo compositore preferito.
In termini di narrativa il film espande (ma solo in parte) il concetto di Multiverso introdotto (in TV) da Loki e (al cinema) da Spider-Man No Way Home - ma la buona notizia é che non é necessario averli visti come anche, paradossalmente, non é necessario conoscere il primo Doctor Strange (in quanto un’operazione non tanto dissimile da quanto fatto recentemente da James Gunn per la DC con la Suicide Squad) per comprendere il film - riprendendo contemporaneamente anche l’evoluzione di Wanda Maximoff che in WandaVision, sempre su Disney Plus, abbiamo scoperto essere la profetizzata (e potentissima) Scarlet Witch (e in questo caso, invece, una sua visione sarebbe stata decisamente d’obbligo).
Proprio Wanda, probabilmente la figura con la storia più drammatica e travagliata del MCU, é chiamata, come il protagonista, ad affrontare un percorso psicologico piuttosto complesso, drammatico e dirompente, e che completa una evoluzione tanto straziante (anche grazie a una magnifica Elisabeth Olsen) quanto così centrale nell’economia della storia che la definizione di co-protagonista risulta stargli piuttosto stretta (tanto che un cambio di titolo in Doctor Strange & Scarlet Witch sembrerebbe molto più corretto), arrivando anche a toccare temi come la genitorialità e l’elaborazione del lutto, o l’incapacità di venire a patti con la perdita di una persona cara.
Ma anche lo Strange di Raimi è un uomo irrisolto, specie dal punto di vista affettivo, e, in fondo, nemmeno (ancora) troppo a proprio agio nei panni del supereroe, eroe che ormai Benedict Cumberbatch calza come un guanto declamando al solito l’ennesima grande interpretazione.
Meno centrale rispetto alle attese, invece, il Multiverso che all’interno del racconto figura quasi come marginale, sfruttato piuttosto come strumento terapeutico per finalizzare l’evoluzione o la catarsi di entrambi i suoi protagonisti.
Anche questa pellicola presenta delle new entry nel MCU a partire dall’America Chavez della piacevole Xochitl Gomez che ha il merito di mostrarsi non soltanto come un semplice MacGuffin, ritornano anche Chiwetel Ejiofor, Benedict Wong e Rachel McAdams mentre per gli altri protagonisti e/o camei (i?) preferisco sorvolare per non rovinare la sorpresa (No spoiler) a chi non ha ancora visto la pellicola.
E, piaccio o no, Doctor Strange e il Multiverso della Follia dimostra ancora una volta che i Marvel Studios non solo hanno appena iniziato creando un’epopea mastodontica, una mitologia moderna talmente ramificata e costantemente in evoluzione (e sono proprio i dettagli e i particolari, nascosti o in bella vista, una delle loro armi in più), ma anche che il successo planetario di Avengers: Endgame e della saga dell’Infinito gli sta permettendo di osare sempre di più, anche in narrazioni (almeno per loro) di tipo meno tradizionali o più sperimentali (specie in TV).
VOTO: 7,5
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