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Ratcatcher

Regia di Lynne Ramsay vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Ratcatcher

di alan smithee
7 stelle

Nei sobborghi popolari inglesi molto coerenti al cinema di Ken Loach, il piccolo James vive con la madre e le due sorelle, ed un padre alcolizzato ed il volto deturpato da paurose cicatrici, emblemi di chissà quali lotte di gioventù, tenuto sotto controllo dai servizi sociali, intenti a valutare se le circostanze per un affidamento presso un collegio non siano da mettere in atto.

Il piccolo non sembra più di tanto turbato dalle innegabili problematiche che fanno parte della sua condizione di vita, ma preferisce perdersi nelle atmosfere di una intimità familiare comunque presente, attraverso l’affetto della madre o delle due sorelle, o sperimentando i primi approcci sessuali frequentando una vivace ed inquieta ragazza spilungona di qualche anno più grande, chelo inizia ai primi approcci con l’altro sesso.

Da quando James però provoca, involontariamente, la morte per annegamento in una pozza d’acqua di un amico, il ragazzo si incupisce e finisce per evitare più possibile le amicizie maschili e i coetanei, se si eccettua per uno strambo amichetto un po’ toccato, che rimane l’unico strambo e folle compagno di giochi, tra topi volanti verso la luna in quanto appesi per la coda a palloncini gonfiati con elio, ed altri roditori raccolti per strada tra i rifiuti a cielo aperto di sobborghi devastati e da terzo mondo.

Presentato a Cannes-Festival nella sezione Un Certain Regard nel 1999, Ratchatcher costituisce il valido esordio nel lungometraggio da parte della regista scozzese Lynne Ramsay.

Un dramma popolare che esplora con stile e tocco felici vite, destini ed infanzie tragiche, senza tuttavia mai piangersi addosso, ma anzi riuscendo a raccontare con lucidità e un certo ironico distacco, il dramma intimo e generalizzato di un bimbo nel suo assai poco favorevole e salutare ambiente di vita, con quella felice sottile vena briosa di fondo, resa come atteggiamento obbligato per sopravvivere ad un ambiente ostile senza soluzione. Ne emerge soprattutto un vitale disincanto, tipicamente infantile, che è talvolta il tipico atteggiamento adolescenziale attraverso il quale i minori sopravvivono a soprusi e a situazioni avverse, formandosi e trasformando in scudi e corazze educative, o almeno formative, gli elementi negativi che li ostacolano nella crescita.  

Un ritratto adolescenziale che non rinuncia al realismo di situazioni maliziose ove la scoperta della sessualità si scontra con la naturale ritrosia che lotta col desiderio della carne per vincere la timidezza e l'imbarazzo, per potersi esprimere come un gesto liberatorio, foriero di una felicità materiale breve, ma intensissima.

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