Regia di Maggie Gyllenhaal vedi scheda film
Leda Caruso è una 48enne, docente di letterature comparate in un'università americana, che si trova in vacanza in Grecia. Qui la donna incrocia una giovane madre (Johnson), in severa difficoltà nel contenere una figlia eufemisticamente esuberante. L'incontro riporterà a galla il ricordo delle due figlie abbandonate quando erano ancora delle bambine.
Sulla scorta del romanzo omonimo di Elena Ferrante, che sposta l'azione dal meridione italano alla Grecia (con tanto di riferimento a Leonard Cohen), Maggie Gyllenhall esordisce dietro la macchina da presa con un'opera sorprendente, per niente convenzionale, che colloca al centro della scena il disagio di una donna colta in due fasi differenti della vita (oggi e quando, ancora giovane, era alle prese con le due bambine e con un marito che le stava stretto). Se Olivia Colman, con una prova maiuscola, restituisce tutta la goffaggine di un'esistenza vissuta all'ombra del rimorso e il suo essere un corpo estraneo al contesto nel quale cerca di trascorrere il proprio ozio, ma anche dell'empatia nei confronti di chi versa nelle sua stesse condizioni passate, l'irlandese Jessie Buckley dà corpo e anima all'irrequietezza di una donna ambiziosa e sensuale, "madre snaturata" zavorrata nei suoi progetti da un paio di figlie petulanti e un marito che a letto è a mezzo servizio. Sicché - attraverso il prisma della maternità - il film sembra quasi proporre un confronto tra due diverse stagioni della vita, in cui quella dell'oggi è il precipitato di quella di ieri, mantenendosi in equilibrio un po' pilatesco tra le pulsioni di un'insofferenza legittima alla quale viene finalmente data voce e le ragioni di una maternità parzialmente perduta.
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