Regia di Gianni Amelio vedi scheda film
Gianni Amelio dentro la scatola Rai Cinema riesce comunque ad applicare con grande coscienza e precisione la sua filosofia registica etica. La storia del caso Braibanti, spezzata in una prima parte (l’innamoramento fra il professore e il giovane Ettore) e in una seconda (il processo e l’attività del giornalista Scribani che difese Braibanti sull’Unità), ricorda le contraddizioni di un’epoca, a partire dall’idea che la parte più istituzionalizzata del movimento comunista sessantino non riconoscesse la comunità omosessuale come degna di difesa e appoggio sociale. Eppure visivamente la mediocrità di un mondo che nasconde le radici inesorabili di un fascismo post Ventennio è tenuta molto fuoricampo, a favore dei volti e delle espressioni dei tre protagonisti, a cui Amelio conferisce una dignità e una centralità morale che il mondo attorno trascura e opprime, senza comunque cedere mai troppo spazio al dramma, prosciugandolo, togliendo enfasi a primi piani lunghissimi che di solito altrove vediamo destinati a sottolineature inessenziali (specie nel cinema italiano). Colpisce infatti la combinazione finale, un saluto conclusivo col sottofondo dell’Aida condotta da von Karajan: ma è un artificio anomalo, commovente ma secco, in una campagna desolata, in cui la musica parte da un palco lontano che resta lontano.
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