Regia di Pupi Avati vedi scheda film
Questa biografia dantesca induce ad una riflessione sul cinema avatiano recente e meno recente. Pupi e Antonio Avati sembrano accarezzare più volte l’idea di filmare peregrinaggi verso la morte. La vita stessa lo è, essendo un cammino che dalla nascita si sublima con il trapasso. Però da buoni cattolici dovrebbero rappresentare le conclusioni con afflati di speranza verso l’aldilà. Invece in “Dante” la fine del poeta è dolorosa, solo nei racconti postumi aleggia “l’albero del paradiso” come dice per esempio la figlia Beatrice al messaggero Giovanni Boccaccio, portatore di fiorini e venerazione per il fiorentino. Piccoli segni a fronte del senso lugubre che trasmette l’opera. Se la vita di Dante è stata impressa da morti premature (la madre, la musa Beatrice) che lo segnano inesorabilmente, lui, il poeta, cerca riscatto con lo scrivere “La Divina Commedia”: densa del tempo, degli umori, della passione per la vita e per la politica da Guelfo bianco che finisce esiliato. Come Dante per Beatrice la pellicola di Avati sa anche di occasioni perdute, a casaccio vengono in mente la conclusione così amara di “Regalo di Natale”, tutti gli horror originali girati dal principio a “Il signor Diavolo” e tanti altri titoli.
Il regista bolognese anticipa la morte naturale del feticcio Gianni Cavina facendogli impersonare il decrepito Piero Giardino che testimonia la conoscenza di Dante al curioso Boccaccio. E’ un “Dante” in punta di piedi e rispettoso quello formulato cinematograficamente. I versi del poeta ogni tanto fanno capolino nel descrivere i vari personaggi di cui vergherà le gesta, le malefatte e le vendette personali sotto forma letteraria. Egli scrive di morti per renderli vivi nella memoria di chi rimane, allo stesso modo fa Avati con racconti, fole e biografie impregnate di nostalgia e di amarezza. Talvolta il contrappasso per noi spettatori sono le opere poco riuscite, stavolta assistiamo ad un Dante lieve e da ricordare. Il volto, il sorriso, la grazia di Alessandro Sperduti sono state un’ottima scelta. Bene Sergio Castellitto e il recuperato Enrico Lo Verso. Da menzionare gli inediti Mauro Coruzzi, Leopoldo Mastelloni e Enrico Beruschi, le ritrovate Erika Blanc, Eliana Miglio e Valeria D’Obici. Usque ad mortem et ultra…
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