Regia di Marco Tullio Giordana vedi scheda film
Cinema e mafia, un binomio fortunato del grande schermo. Le gesta dei mafiosi hanno sempre affascinato il pubblico, ma i film veramente belli su questo triste fenomeno sono davvero pochi. Dalla mafia dell’immediato dopoguerra venata di indipendentismo e complotti di SALVATORE GIULIANO di Francesco Rosi a MAFIOSO di Alberto Lattuada con un sorprendente Alberto Sordi ai vigorosi e ancora superbi IL GIORNO DELLA CIVETTA di Damiano Damiani e A CIASCUONO IL SUO di Elio Petri, entrambi tratti dagli omonimi romanzi di L.Sciascia; nel ’49 Pietro Germi fece il curioso IN NOME DELLA LEGGE cioè la mafia come un western o un gangster-movie hollywoodiano depurato da ogni inflessione dialettale e poi la splendida trilogia americana de IL PADRINO di F.F.Coppola. Nel 1984 la mafia è approdata sul piccolo schermo con LA PIOVRA, un successo internazionale che ha dato vita a una filiera di fiction sull’argomento, quasi nessuna però memorabile e degna di rilievo. Nel 2000 Marco Tullio Giordana, un regista colto e discontinuo coglie nel segno con I CENTO PASSI: la storia di Giuseppe Impastato figlio ribelle e contestatore di un mafioso che tra gli anni ’50 e ’70 visse a cento passi dal boss Gaetano”Tano” Badalamenti. Giordana attraverso la formazione umana e politica del giovane Peppino, la sua ribellione al padre e alle connivenze mafiose, il rifiuto e lo smontare la figura “ieratica” di don Tano inquadra la mafia da un’angolazione diversa da quella finora mostrata. A Cinisi, cittadina della provincia palermitana, Peppino Impastato è un ragazzo sveglio e anticonformista, si avvicina agli ideali del partito comunista in netto contrasto con quelli del padre contiguo agli “ideali” mafiosi. Negli anni ’70 Impastato fa della lotta alla mafia una ragione di vita, con gli amici organizza spettacoli teatrali di strada per spiegare gli appalti truccati e le collusioni tra mafia e politica, pubblica un foglio scandalistico, da una radio libera RADIO AUT attacca Badalamenti e i suoi accoliti con l’arma dell’ironia, uscito dal P.C.I. si candida con Democrazia Proletaria alle comunali di Cinisi. La rottura con il padre che tenta in tutti i modi di farlo tacere è definitiva, Luigi Impastato morirà investito (o forse ucciso) da un’auto pirata nel ’77, un anno dopo il 9 maggio del ’78, il giorno del ritrovamento del cadavere dell’onorevole Moro, Peppino viene sequestrato e fatto saltare in aria con il tritolo in un binario ferroviario. Il delitto passò in sordina e venne liquidato come “morte accidentale di un suicida” perché si trattava di un giovane solo e in crisi, ma ai funerali parteciparono più di mille persone a testimonianza che Peppino non era affatto solo. Alcuni anni fa è stato riaperto il processo e condannato come mandante dell’omicidio il suo vicino di casa Badalamenti, allora recluso negli Stati Uniti. Con I CENTO PASSI si è ritornato a respirare quel cinema di impegno civile forte e robusto di una trentina di anni fa dei già citati Petri, Damiani e Rosi; Giordana ha ridato ossigeno non solo a un genere ma anche a una pagina nera della nostra Repubblica. Uno stile sobrio e allo stesso tempo vibrante, teso ed emozionante, raccontare una storia di mafia senza retorica e spettacolarizzazioni scavando nella profondità dei caratteri – merito di una sceneggiatura pressoché perfetta - questo è riuscito a fare il regista di PASOLINI, UN DELITTO ITALIANO. Scene come quella iniziale oppure gli scontri padre-figlio, l’incontro onirico con don Tano, il rapimento e l’omicidio scandito da “Summertime” cantata da Janis Joplin, i funerali sulle note dei Procol Harum, le foto del vero Peppino in conclusione sono da pelle d’oca per la potente carica emotiva. Memorabili tutti gli attori dal protagonista Luigi Lo Cascio allo spettrale Toni Sperandeo. I CENTO PASSI è, senza dubbio, uno dei migliori film italiani degli ultimi vent’anni.
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