Regia di Marco Tullio Giordana vedi scheda film
Cento passi sono la distanza che divide l' abitazione della famiglia Impastato da quella del temuto boss mafioso Gaetano Badalamenti. Non che le due realtà siano agli antipodi, anzi, il regista vuole farci riflettere proprio su quanto una delle più grandi piaghe di questo paese possa essere vicina e familiare, talmente radicata in una certa mentalità ignorante e provinciale da risultare nient' altro che normale : "Noi vogliamo la mafia, la mafia ci piace, ci fa sentire protetti, ci identifica". Una frase, quest' ultima, pronunciata con furiosissimo sdegno da un giovane che si fa portavoce di un' intera nazione di fronte all' impunibilità del male. Peppino Impastato, nipote di un boss vecchio stampo ucciso dal sopra citato Tano per poterne prendere il posto, è un giovane che cresce fra mille contraddizioni diviso fra una famiglia affiliata a "cosa nostra" ed una formazione culturale e politica tutt' altro che conservatrice. Entrato nelle simpatie di un pittore comunista e disgustato dalla passività e dalla cecità della sua gente, inizia a prendere posizioni sempre più radicali e pericolose nei confronti della mafia cercando di sensibilizzare i propri concittadini, dapprima tramite il giornalismo e poi attraverso una radio autogestita, sbattendo la verità in faccia a tutti come fosse un pugno da knock out. Un gesto di ribellione tanto eroico e coraggioso quanto inevitabilmente destinato a mietere vittime. Questo, di Marco Tullio Giordana, è un film importante, intenso, profondamente etico ed educativo. Uno spaccato d' Italia schietto e spietato che non ha paura di criticare a 360° (Noi comunisti saremo sempre sconfitti perchè ci piace essere divisi) e che si sofferma su tematiche importanti quali la famiglia, la comunicazione ed il disperato bisogno di conoscenza quale unica via di scampo da una mentalità chiusa ed asservita. Perfettamente ambientato, ben diretto e dotato di un' ottima colonna sonora '60/'70, "I cento passi" segna anche un esordio col botto ovvero quello di Luigi Lo Cascio che offre, nei panni del protagonista, un' interpretazione eccezionalmente accorata ed efficace. Diverse le sequenze che lasciano il segno : dal comizio nella piazza vuota al primo atto di ribellione sotto casa del capomafia, dallo sfogo del giovane fratello Giovanni al monologo del padre Luigi prima di essere ammazzato, dalle trasmissioni radiofoniche su "mafiopoli" alla rappresaglia verbale di Tony Sperandeo/Tano Badalamenti con quel "nuddu ammiscatu cu nenti" che ha fatto scuola. C'è spazio anche per i cugini americani ma non hanno nulla a che fare con l' immaginario romanzato de "Il padrino".
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