Regia di Giorgio Treves vedi scheda film
Storia d’amore puro, mèlo crudele e spietato, Rosa e Cornelia è uno dei film maggiormente sottostimati degli ultimi anni. Cosa non ha funzionato nella sua frizione? La sua dimensione storica, non particolarmente accattivante se avulsa dal nucleo veneziano centrale (tutta la Venezia carnevalesca, tra calle tipiche e palazzi nobiliari, è solo accennata). L’utilizzo del dialetto veneto, non esattamente comprensibile ai più, che crea distanza cercando aderenza al contesto. Un racconto difficile, che in teatro (all’origine c’è una commedia di Remo Binossi) trovava una sua ragion d’essere nella claustrofobia del luogo votato a scena del crimine. Eppure, al di là di questi elementi che hanno lasciato freddi pubblico e critica, Rosa e Cornelia è un film che va recuperato al più presto. Anzitutto per un motivo fondamentale: raramente nel cinema italiano s’è vista una storia così dolorosa e travolgente, che pone al centro due donne che maturano, si scontrano, evolvono, si innamorano, si perdono, in una situazione aspra, amara, che lascia presagire il mesto finale (che lascia tuttavia un barlume di salvezza). Giorgio Treves mette su un film europeo che va al di là delle banalità, raro ed anomalo, prezioso e tremendo. Ultimi dieci minuti da urlo. Nel bel terzetto di protagoniste, una menzione particolare va ad una magistrale Athina Cenci, nella penultima prova sul grande schermo prima dell’ictus da cui non si è ripresa: la sua Piera, gelosa e plebea, sospettosa ed umana, è meravigliosa.
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