Regia di Ridley Scott vedi scheda film
Se la dama velata di Così è se vi pare di Luigi Pirandello (1917) avesse mostrato la propria identità, così confermando la versione di suo marito o della signora Frola, l'impianto del dubbio dovuto all'inconoscibilità del reale dove ogni essere umano può dare la propria interpretazione sarebbe crollato. La verità a cui sarebbe giunto però è una verità relativa e non assoluta quindi, cosa che Akira Kurosawa nel suo Rashomon (1950) disse in modo altrettanto esplicito; Ridley Scott, come il tizio che innanzi alla stazione Garibaldi a Napoli al proprio banchetto fa il gioco delle tre carte con lo spettatore, scompiglia le posizioni in atto tramite le tre versioni della verità sulla violenza avvenuta ai danni della nobildonna Marguerite (Jodie Comer), moglie del cavaliere Jean de Carrouges (Matt Damon), asserendo di essere stata violentata dallo scudiero Jacques Le Gris (Adam Driver), il cineasta però invece di perdersi nell'impossibilità di giungere ad una verità assoluta, decide di calarsi le braghe piegandosi alle mode del metoo imperanti, stabilendo a-priori la veridicità della versione sostenuta da Marguerite, come se il tizio che fa il gioco delle carte, avesse contrassegnato quella che occultava il simbolo della donna, escludendo così ogni margine di incertezza.
Scelta sciagurata a parte, forse per aumentare lo spessore artistico di The Last Duel (2021), un'interpretazione che valorizzi maggiormente la percezione dei gesti ed il vissuto di essi da parte di ogni singolo personaggio, sicuramente finisce per offrire soddisfazioni migliori ed in effetti è la parte più interessante di tutta l'operazione imbastita da un Ridley Scott, che in tutta probabilità gira il suo miglior film da oltre 10 anni a questa parte, mettendo in scena un medioevo spogliato da ogni patina eroico-cavalleresca, compiacendosi nello smitizzare sia gli epitomi letterari (il ciclo bretone), così come l'ostentata esaltazione degli scontri campali combattuti con violenza nel fango e nel gelo, anche se troppo in stile Trono di Spade e lontano quindi dalle cronache belliche di quel periodo (tre decenni dopo gli avvenimenti, i cavalieri faranno a gara ad Anzicourt per essere in prima fila contro lo schieramento inglese, finendo con il perdere tempo e consentire così ad Enrico V ed i suoi arcieri, di vincere una battaglia disperata contro un esercito nettamente superiore), ma tale forzatura può passare se si tiene conto della poetica del regista che sia nelle Crociate (2005), che nel suo lontano esordio I Duellanti (1977), finiva con il ridicolizzare ogni senso dell'onore, in quanto formula stupida per mascherare di nobili intenti stupide rivalità meschine tra esseri umani, come avviene qui del resto, poichè Jean de Carrouges sembra sfruttare la faccenda non tanto per giustizia nei confronti della moglie, ma per rivalsa nei confronti del suo ex-amico Jacques e del suo protettore Pierre (Ben Affleck), cugino del re, verso il quale nutre forti rancori, arrivando a sfidare il rivale con un duello a morte, messo in scena da Scott con ritmo palpitante, scendendo sempre più in basso, passando dall'eleganza dei carrelli incrociati nello scontro a cavallo, all'abisso del fango tramite una macchina da presa ravvicinata, sottolineando l'inutile orgoglio di due uomini, che si scannano come macellai, de-privando di qualsiasi connotazione giuridica, la questione dello stupro a Marguerite, spettatrice impotente di una moderna evoluzione dell'ordalia barbarica, quando in verità vincerà chi si stancherà per ultimo tra i due contendenti.
La mano non è più quella di 45 anni orsono del grande esordio a cui sembra voler in parte rimandare, poichè il segmento riguardante il cavaliere Jean, soffre maggiormente per un montaggio troppo brusco nelle ellissi, che finiscono per disorientare lo spettatore dal contesto storico in cui il personaggio si muove; siamo in piena guerra dei cento anni per uno spettatore conoscitore delle date, ma finiamo sballottati qua e là su vari campi di battaglia e luoghi (addirittura in Scozia), con il risultato di avere 16 anni non "vissuti" (i personaggi non sembrano invecchiare affatto), però tecnicamente si percepisce l'abilità tecnica del cineasta sia dal punto di vista formale, immergendo lo spettatore nel frastuono di ogni singolo tintinnio di armatura, fino ad una messa in scena desolante, perfettamente coerente con una Francia in netta difficoltà nella guerra contro gli inglesi e devastata dopo l'uscita dalla peste nera del 1348, che di fatto ne ha devastato l'economia spopolando le campagne.
Jean, Jacques e Marguerite, tre personaggi che sembrano vere e proprie reincarnazioni revisionate dei protagonisti del ciclo bretone, dove il primo-Re Artù si percepisce come un cavaliere che si copre di gloria in battaglia e marito premuroso nei confronti della consorte, il secondo-Lancillotto, tramite i legami con il primo ha scalato la gerarchia sociale grazie alla propria cultura e all'abilità oratoria, diventando ricco, per questo da donnaiolo incallito stregato dalla bellezza della moglie del suo amico, decide di sedurla facendola propria, concependo il rapporto come un gioco di attrazione-respingimenti nel quale secondo lui Marguerite ci stava, ed infine la donna-Ginevra, probabilmente se la sposa di Re Artù avesse potuto parlare, avrebbe trovato nella sua controparte del XIV la propria voce, una donna che vede il marito con distacco poichè interessato per lo più ad accrescere le ricchezze perdute in passato e ad un erede che non nasce, sentendosi così inadeguata, ma Marguerite a differenza dell'analfabeta Jean, sa leggere e scrivere, una posizione inconsueta per l'epoca, il che però fa capire perchè ella pretenda giustizia per lo stupro subito non piegandosi all'omertà; una donna ignorante non ha coscienza di sè accettando lo stato passivo delle cose, ma una donna acculturata è conscia del proprio io, però deve scontrarsi con un regime giuridico che la vede priva di qualsiasi capacità giuridica senza il supporto del marito. Ingiustizia è fatta verrebbe da dire, poichè le indelicate domande (per la sensibilità odierna) mosse nei confronti di Marguerite, sono la cosa più giuridica che vi sia stata in un processo, che ignora ogni regola dibattimentale, nonchè analisi della prova, per concludersi in un duello di Dio all'ultimo sangue, dove in pratica tutto è successo tranne che venire a capo della verità, ma la croce della spada si sovrappone alla croce di Cristo, il che basta e avanza per avere un verdetto secondi i canoni dell'epoca. Tra i due maschi trionfa Jodie Cormer, una novella dama medioevale, fragile nella sua virginale purezza che dona potenza iconica al suo personaggio, simbolo di tutti coloro che ignoranti della propria condizione, hanno subito per secoli, più sacrificato Adam Driver nella scrittura del personaggio, mentre Matt Damon nella sua scorza ruvida, riesce a far emergere generosità bellica mista a freddezza rozza, come la cicatrice in viso, testimone delle battaglie passate.
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