Regia di Renzo Carbonera vedi scheda film
Film pulito e ordinato che afronta il tema del doping nei così detti sport minori, che poi spesso sono anche i più faticosi, prendendone forse il più rappresentativo della categoria, vale a dire la marcia. Si tratta di contesti dove il ricorso al farmaco non serve tanto per vincere la medaglia d'oro olimpica o svettare nel pantheon degli eroi, quanto per riuscire ad alzarsi ogni mattina, con ogni condizione meteo e stato psicofisico, allacciarsi le scarpette e cominciare a macinare chilometri su chilometri nel completo anonimato e con l'acido lattico che ti squarcia i muscoli. Non c'è fama, non ci sono guadagni, ma solo tanta fatica e la tagliola del cronometro. Tutto questo è reso molto bene, inquadrando poi la storia, ma in effetti non ce ne era neppure bisogno, nella morsa delle aspettative che talvota attanaglia gli atleti: una dinamica trasverale a molte vite di successo, non solo nello sport. Questa dimensione emotiva, che spinge il singolo ad agire più per soddisfare gli altri che per un reale proprio bisogno, da un lato arricchisce la sceneggiatura ma dall'altro svia un po' il messaggio. Forse si poteva azzardare e non approfondire il contesto familiare, ricco peraltro di conflitti, concentrandosi solo sull'aspetto agonistico. Niente di eccezionale ma comunque ben fatto.
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